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INTERVISTA. Campanini «Ma non è la fine del progetto dei Fratelli musulmani»

Luca Geronico giovedì 4 luglio 2013
La notizia del fermo di Morsi in caserma è giunta da pochi minuti. Massimo Campanini, storico dei Paesi islamici dell’università di Trento, commenta a caldo la notizia della rimozione del presidente egiziano. «Si tenga presente che, con tutti i difetti che possono avere i Fratelli musulmani, con tutti i rischi di integralismo potenziale e di conservatorismo sociale che preoccupano l’Occidente, quando Morsi diceva di non volersi dimettere perché eletto democraticamente, diceva la verità. Nei prossimi giorni – aggiunge – si capirà se i Fratelli musulmani hanno una organizzazione e una forza tale da portarli a uno scontro frontale con i militari, facendo cadere l’Egitto in una situazione di instabilità e di potenziale guerra civile. L’intervento militare è da giudicare come un colpo di Stato perché si erge oggettivamente al di sopra della volontà popolare. I prossimi giorni saranno determinanti per capire le possibili reazioni dei Fratelli musulmani: i militari potrebbero imporre l’ordine con i carri armati, ma questa non è certo una prospettiva democratica. Morsi avrebbe dovuto essere abbattuto o dalla volontà della piazza o da nuove elezioni dopo quelle politiche del 2011 e quelle presidenziali del 2012, entrambe regolari. Un Egitto diviso in due con l’esercito a fare da arbitro con i carri armati schierati. Ma chi si fronteggia?È un confronto tra coloro che vorrebbero una trasformazione dello Stato in senso islamico moderato, perché insisto nel sostenere che i Fratelli musulmani devono essere considerati una corrente moderata e conversante dell’islam; un confronto, dicevo, tra l’islam moderato e una concezione «laica» dello Stato egiziano. Morsi ha preso decisioni contrastate, ha cercato di mettere sotto controllo la magistratura tentando una svolta autoritaria. Ma tutto questo in un tempo molto breve per istituzioni nuove e alle prese con una forte opposizione.Un progetto politico subito sabotato, lei sostiene. Da chi? Da laici potenzialmente anti-islamici o dai fondamentalisti salafiti?Chiaramente da entrambi. I salafiti si sono immediatamente opposti alla Fratellanza in nome di un islam estremamente integralista. Una esperienza non diversa da quella della Tunisia. Dall’altra vi è un fronte laico che non ha mai accettato il responso delle urne assumendo una posizione di contrapposizione frontale al governo nell’intento di farlo fallire. Non è una difesa d’ufficio dei Fratelli musulmani, ma una analisi storica: è una proposta politica che di fatto non si è ancora espressa in un tempo compiuto.C’è chi parla apertamente di fallimento dell’islam politco. Oliveir Roy, invece, sostiene che non è una rivolta contro l’islam ma contro l’«incompetenza» e il «nepotismo» del governo. Qual è il suo giudizio su questa “Tahrir 2”?Roy è il teorizzatore del post-islamismo. Nel mio ultimo studio, a breve in stampa con il Mulino, intitolato “La transizione incompiuta”, sostengo che le rivoluzioni arabe non sono mai state contro l’islam ma hanno cercato di utilizzare il linguaggio islamico per dare sostanza alle loro rivendicazioni. La tesi del post-islamismo è negata dai fatti: il movimento salafita, lo ripeto, pericoloso e da isolare, usa proprio parole d’ordine di tipo islamico. Dire: «L’islam non conta nulla come variabile politica nel Medio Oriente», è facilmente smentibile. Se invece si vuol dire che il messaggio di al-Qaeda è stato sconfitto, allora sono d’accordo. Due rivoluzioni in pochi mesi dopo decenni di immobilismo. L’Egitto vive ancora una Primavera araba?Cedo che le masse che avevano partecipato alle rivolte del 2012 e 2011 non siano le stesse in piazza oggi: probabilmente si sono infiltrate forze diverse che vorrebbero far fallire il percorso di cambiamento innescato dalle Primavere arabe. Se guardiamo poi ai processi rivoluzionari del ’900 osserviamo che dopo l’insurrezione, c’è la fase di l’istituzionalizzazione, e poi il trionfo delle nuove classi sociali. La fase della insurrezione nei Paesi arabi è stata dal 2010 al 2012. Ora siamo solo all’inizio della istituzionalizzazione. Troppo presto per individuare i vincitori.