Mondo

Amazzonia. «Ancora troppi pregiudizi contro gli indios»

Lucia Capuzzi venerdì 1 novembre 2019

Indios Awa del Brasile, Survival International

I vecchi stereotipi sono duri a morire. Lo abbiamo visto nelle ultime settimane. I popoli indigeni continuano, seppur in forma più velata, a essere considerati arretrati o incivili. «Niente di più falso. Sono semplicemente diversi. È assurdo accusarli di essere selvaggi quando noi lo siamo ben di più», afferma Stephen Curry, direttore di Survival International, organizzazione che da mezzo secolo esatto sostiene le lotte dei nativi per i propri diritti umani e territoriali.

Eppure, anche di recente, si è sostenuto che una ventina di popoli amazzonici praticano infanticidi. È davvero così?

È falso. Non esiste alcun dato attendibile su una simile pratica da parte degli indigeni brasiliani. In realtà, questo tipo di statistica non esiste per alcun tipo di società, e probabilmente non esisterà mai perché gli infanticidi, se si verificano, vengono generalmente e ovunque tenuti nascosti.

Non si tratta, dunque, di rituali codificati e socialmente accettati?

No. Non ci sono prove al riguardo. Accusare i popoli indigeni di infanticidio è un pregiudizio razzista.

Qual è il maggior traguardo raggiunto dagli indigeni negli ultimi cinquant’anni?

L’articolazione di una forte voce indigena di sostegno, sorretta dalla nascita di proprie organizzazioni locali.

Resta, però, ancora molto da fare. Qual è la sfida principale per il futuro?

Continuare a lottare per avere sempre la meglio su governi, aziende (e persino ONG) che cercano di minare i diritti indigeni per poterli derubare di terre e risorse. Non abbasseremo mai la guardia.