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COPENAGHEN. In extremis una piccola intesa sul clima

Paolo M. Alfieri sabato 19 dicembre 2009
Sono stati necessari i tempi supplementari al vertice sul clima di Copenaghen. Dopo 12 giorni di discussioni e trattative infinite, la chiusura del summit, prevista per le 18 di ieri, è stata posticipata per la difficoltà di trovare un accordo globale tra i capi di Stato e di governo. Si è andati così avanti a oltranza, nel tentativo di ricucire gli strappi tra Cina e Stati Uniti. Ma quando sembrava che le distanze fossero incolmabili, e il vertice destinato a una fine ingloriosa, c’è stato l’inaspettato balzo in avanti. Il presidente americano, Barack Obama, ha infatti raggiunto un’intesa con il premier cinese, Wen Jabao, l’indiano Manmohan Singh e il leader sudafricano, Jacob Zuma. Secondo una fonte della delegazione americana, l’accordo ingloberebbe anche un meccanismo di finanziamento per l’abbassamento del target sul riscaldamento globale di due gradi e rimuoverebbe gli ostacoli alla trasparenza. L’accordo non è «straordinario» ma è un «importante passo avanti» per la lotta ai cambiamenti climatici.Le prime reazioni sono state tiepide. La stessa delegazione statunitense ha parlato di «una prima tappa importante» ma comunque «insufficiente per combattere i cambiamenti climatici». Più severo il giudizio della galassia ambientalista che non ha esitato a bocciare l’accordo, definendolo  «vago» e «del tutto privo di reali passi in avanti». A deludere soprattutto la mancanza di cifre sugli impegni di riduzione di CO2, né medio né a lungo termine. Ma il presidente Usa ha comunque tenuto a sottolineare la portata «storica» dell’evento, pur ammettendo i limiti dell’intesa, a partire dalla sua natura non legalmente vincolante. «C’è ancora molto da fare», ha riconosciuto Obama. La partita si è giocata tutta su questioni come il taglio delle emissioni di gas serra, gli aiuti finanziari ai Paesi in via di sviluppo, i limiti all’aumento della temperatura del pianeta e la valutazione internazionale della riduzione degli inquinanti. Sul tappeto è rimasto il nodo della riduzione di C02 dei Paesi industrializzati che non saranno quantificati nell’accordo, ma rinviati al prossimo mese. Quello che già ieri sera si andava profilando è un accordo politico di basso profilo che in sostanza rimanda a una prossima conferenza (da tenere probabilmente a giugno a Bonn) il compito di dare contenuto vincolante all’intesa. In quella sede si potrebbero quantificare i tagli obbligatori alle emissioni e gettare le basi per il nuovo Trattato che dovrà essere approvato alla prossima Conferenza Onu sul clima in programma a dicembre 2010 a Città del Messico. Quel che è certo è che per ora le divisioni sul clima rimangono, e che per l’inizio del 2010 non ci sarà un Trattato vincolante.L’ultima bozza messa a punto ieri a Copenaghen non sembra sciogliere il nodo principale, quello sul taglio delle emissioni responsabili dell’effetto serra e sul meccanismi per finanziarli. L’intesa che infine sembrava raggiunta è su un testo che fissa a 2 gradi centigradi il tetto entro cui contenere l’aumento della temperatura globale del pianeta rispetto ai livelli pre-industriali. Tale soglia, forse, potrebbe essere ridotta a 1,5 gradi nell’ambito di una revisione dell’accordo «da completare entro il 2016».I Paesi ricchi, inoltre, si impegnano a ridurre «individualmente o congiuntamente» le emissioni di CO2 dell’80% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990, mentre l’obiettivo globale di riduzione degli inquinanti resta del 50%. Come si vede non ci sono obblighi giuridicamente vincolanti, e mancano anche riferimenti ad obiettivi di medio termine, cioè quelli da raggiungere entro il 2020.Nel documento si parla, inoltre, di un «Copenhagen Climate Fund», ovvero di un fondo per «sostenere i progetti, i programmi e le politiche nei Paesi in via di sviluppo» sulla riduzione dell’inquinamento. Previsto anche il trasferimento di tecnologie ai Paesi poveri utili ad affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Sul fronte dei finanziamenti l’impegno dei Paesi ricchi è di «fornire risorse nuove e aggiuntive per 30 miliardi di dollari per il periodo 2010-2012». Per quel che riguarda la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico l’obiettivo è invece di «mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno intorno al 2020 per affrontare la necessità dei Paesi in via di sviluppo».