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Il racconto. Il ribelle: «I nostri leader? Si atteggiano a jihadisti invece sono solo dei ladri»

SUSAN DABBOUS martedì 3 maggio 2016
Iribelli nella parte est di Aleppo stanno abbandonando le loro postazioni. L’esodo silenzioso sarebbe iniziato con l’intervento massiccio dell’aviazione russa che colpisce i loro avamposti con maggiore precisione rispetto al regime. In questi giorni di raid a tappeto la percezione è che Assad stia lanciando la battaglia finale per riprendersi tutta la città. E possibilità che possa farcela appaiono molto alte. C’è paura tra i miliziani anti-governativi. Ma anche indignazione nei confronti dei loro capi, che si atteggiano a puri jihadisti quando in realtà «rubano nelle case, le occupano. Si impossessano degli aiuti umanitari e poi li rivendono alla povera gente invece di distribuirli». Così racconta Fahed, 26 anni, che vive in un quartiere orientale. Vorrebbe andare a vivere nella «Aleppo normale», racconta, quella «dove c’è acqua e elettricità ». Il problema è che Fahed è ricercato dalla polizia di regime per non essersi presentato al richiamo militare. Dopo tre anni di leva obbligatoria era stato inserito nella lista dei riservisti. «E i riservisti – spiega – non vengono pagati». Migliaia di giovani si trovano nella stessa condizione di Fahed, con mogli e figli da sfamare. Per questo, ben oltre l’ideologia jihadista, molti siriani si arruolano nei gruppi ribelli. «Gruppi islamisti come al-Nusra e Ahrar al-Sham sfruttano il lavoro minorile e controllano tutte le attività commerciali», spiega il giovane. I jihadisti del fronte al-Nusra (affiliato ad al-Qaeda) sembrano più che mai spaccati al loro interno. In passato avevano già subìto la diserzione di molti dei loro affiliati finiti tra le fila del Daesh, che pagava meglio. Poi si erano ripresi grazie al continuo supporto economico dei loro finanziatori (privati cittadini sauditi, kuwaitiani e qatarioti formalmente non legati ai loro governi). Senza dimenticare l’appoggio politico di Paesi come Turchia, Arabia Saudita e Giordania. Dal 2013 a oggi però lo scenario geopolitico è drasticamente cambiato. La Turchia è sempre più impegnata a proteggersi dal terrorismo sul fronte interno, mentre la Giordania ha ormai spalancato le porte ai russi per coordinare i raid aerei contro lo Stato islamico. La potenziale vittoria di Assad ad Aleppo potrebbe quindi significare, sì, la scomparsa di gruppi jihadisti come al-Nusra ma anche un rafforzamento del Daesh, gruppo al quale, secondo molti analisti – gli stessi finanziatori di al-Nusra sarebbero già pronti però a dirottare i propri fondi considerandolo l’unico attore in grado di sconfiggere «l’infedele alawita – sciita – Assad». Con buona della popolazione civile siriana, incastrata in un conflitto che non gli appartiene più. © RIPRODUZIONE RISERVATA