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All'Assemblea dell'Onu. Il re di Giordania: «I cristiani cuore della regione»

Camille Eid venerdì 26 settembre 2014
«Lasciatemelo dire ancora una volta: gli arabi cristiani sono una parte essenziale del passato, del presente e del futuro della mia regione». Sentire quest’affermazione uscire da un discendente di Maometto – il sovrano hascemita Abdallah II – e davanti all’Assemblea generale dell’Onu è una grande consolazione per i cristiani del Medio Oriente in questo momento di grande sconforto. In realtà, il re di Giordania non si stanca mai di ripetere che le comunità cristiane non possono in nessun modo essere considerate ospiti o straniere nelle terre che hanno visto la prima diffusione del cristianesimo. L’aveva ribadito davanti a papa Francesco durante la sua recente visita in Giordania, e lo ha soprattutto tradotto nei fatti accogliendo nel suo regno i cristiani in fuga dall’Iraq. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono mossi (viene da dire finalmente) più di 120 ulema sunniti di tutto il mondo – tra cui i muti d’Egitto e di Gerusalemme – che in una missiva congiunta inviata al “califfo” dell’Is hanno denunciato come il suo gruppo violi i precetti dell’islam, dandone un’interpretazione «illegittima e perversa». «Chi ti ha dato l’autorità sulla Umma?», chiedono i firmatari della lettera, contestando il fatto che «un gruppo di alcune migliaia di uomini ha nominato da solo il leader di oltre un miliardo e mezzo di musulmani», e chiedendo ad Abu Bakr al-Baghdadi di non usare più il termine “Stato islamico”. Nel testo, gli eruditi ricordano a Baghdadi che l’islam vieta di «uccidere gli innocenti, i diplomatici, i giornalisti e gli operatori umanitari». La lettera definisce poi l’uccisione dei prigionieri come «crimini di guerra ignobili», riferendosi nello specifico a diverse stragi perpetrate dal gruppo. Basandosi sul Corano, gli ulema osservano che la religione islamica non permette di «arrecare danno o maltrattare» i cristiani o qualsiasi altro gruppo monoteista, tra cui gli yazidi, una delle comunità che ha più patito le atrocità dell’Is in Iraq. Quanto alla “guerra santa”, insistono che si tratta di una «guerra difensiva» che si può realizzare solo con «una causa, un proposito e norme di condotte corrette». Gli ulema segnalano inoltre che nell’islam «è proibito forzare alla conversione, negare i diritti a donne e bambini e torturare».  In Francia, l’orrenda decapitazione di Hervé Gourdel in Algeria ha spronato un gruppo di liberi professionisti musulmani a esprimere la propria «repulsione» in un appello pubblicato sul sito di Le Figaro in cui affermano che «anche noi siamo degli sporchi francesi» e si dicono «schifati» dai «supplizi inflitti ai nostri fratelli cristiani, yazidi o musulmani, in Siria, In Iraq, in Nigeria e altrove». «È nostro dovere», aggiungono i firmatari, fare appello a tutti i musulmani perché «denuncino il loro disgusto di fronte a quest’ultima manifestazione di barbarie». Il direttore della moschea di Parigi ha invitato i musulmani di Francia a una manifestazione da tenere oggi per denunciare gli atti di terrorismo commessi in nome dell’islam. In un comunicato, Dalil Boubaker ha invitato a un momento di raccoglimento e solidarietà «per denunciare l’orrore barbaro e sanguinario dei terroristi che, in nome di un’ideologia mortale, stravolgono l’islam e i suoi valori».  Tornando al Palazzo di Vetro, l’emiro del Qatar ha ribadito ieri nel suo discorso davanti all’Assemblea generale dell’Onu che il suo Paese «è parte della lotta internazionale contro il terrorismo». Lo sceicco Tamim Al Thani ha ammonito però circa il fatto che «la pace e la stabilità dei Paesi non possono prescindere dal dialogo e dalla giustizia e dai rapporti che devono basarsi sui principi del diritto internazionale». «La società araba – ha concluso – è la prima vittima del terrorismo».