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L'intervista. «Il putinismo non tramonterà»

Marta Ottaviani venerdì 4 settembre 2020

Ben Noble, docente di politica russa all'University College di Londra

Un leader in difficoltà, ma non alla fine, anche nella sua influenza in politica estera. Un Paese, la Russia, che nel 2021 affronterà un test elettorale importante. Ben Noble, docente di politica russa alla Ucl, (University College London), spiega perché il «caso Navalny», non basta per porre fine all’era Putin.

Professore, è ormai certo che Navalny è stato avvelenato. Quali saranno le conseguenze per la Russia dal punto di vista interno? Il Cremlino farà tutto il possibile per minimizzare. Il 13 settembre ci saranno le elezioni amministrative e l’ultima cosa che Putin vuole è dover gestire un’ondata di proteste dopo il voto. Russia Unita, il Partito sostenuto dal Cremlino, in alcuni distretti è già in difficoltà e l’eco dell’avvelenamento di Navalny può solo nuocere. Per questo mi aspetto una contro narrazione degli eventi sui media filo governativi, come per esempio che Navalny è stato avvelenato solo una volta salito sull’aereo per la Germania.

Il mondo Intero però sta accusando il Cremlino di essere il mandante. Qual è la sua opinione a questo proposito? Chi poteva voler vedere Navalny morto, oltre eventualmente a Putin? Ci sono tre scenari. Il primo è che Putin abbia ordinato il suo assassinio personalmente. Il secondo è che abbia dato un silenzio- assenso all’iniziativa di altri. Il terzo è più inquietante e suppone che l’avvelenamento possa essere stato ordinato da persone che volevano ottenere una vendetta a causa delle inchieste anti corruzione di Navalny, come per esempio l’oligarca Evgenij Prigozhin (chiamato «lo chef di Putin» per via della sua attività di ristoratore a partire dagli anni ’90, ma di fatto legato alla creazione della milizia armata Wagner, nel 2014 nrd). Questo è particolarmente grave, perché significa che il Cremlino non controlla più la disponibilità e l’utilizzo di agenti nervini sul territorio nazionale.

Nonostante la vittoria al referendum, per il presidente Putin non è un buon momento. Migliaia di persone stanno ancora in piazza a Khabarovsk (nell’estremo est del Paese). Andiamo verso la fine del “putinismo”? Ci sono dati “credibili” secondo i quali il risultato referendario è stato ottenuto attraverso una manipolazione sistematica del voto. Non stiamo però assistendo alla fine del “putinismo”. Gli indici di approvazione del presidente sono aumentati. Il 2021 sarà un banco di prova molto importante, perché ci saranno le elezioni per il rinnovo della Duma. Il gradimento di Putin sale, ma non quello di Russia Unita. Difficilmente otterranno una maggioranza che permetterà loro emendare la Costituzione con i soli loro voti.

In Bielorussia, Lukashenko sembra invece essere alla fine. Questo indebolirà il Cremlino? Crede ci possa essere un intervento come quello in Ucraina nel 2014? Ora che Mosca ha preso posizione a supporto del Paese mi aspetto un azzeramento della defezione da parte degli attori della sicurezza interna. La conseguenza sarà un rafforzamento del presidente. Al Cremlino interessa che la leadership politica della Bielorussia sia allineata con Mosca e, al momento, questo significa che Lukashenko rimanga al potere.

Angela Merkel è stata molto dura sul caso Navalny. Ma cosa può seguire alle sue parole? Che cosa può fare la comunità internazionale contro Mosca? È altamente probabile che assisteremo a misure come espulsioni diplomatiche e sanzioni imposte alla Russia. Vedremo poi come l’avvelenamento influenzerà le relazioni fra Russia e Germania e il progetto North Stream 2.