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Intervista. Derville: «È il governo del paradosso»

Daniele Zappalà venerdì 17 febbraio 2017

Tugdual Derville

«Questo governo continua ad impiegare la banalizzazione dell’aborto come presunto emblema di sinistra. In 5 anni, ha prodotto una dozzina di leggi in materia». A sottolinearlo è Tugdual Derville, delegato generale della nota Ong Alliance Vita, impegnata su vari fronti in difesa delle persone in situazione di fragilità. Fra i fondatori del movimento dell’Ecologie humaine, Derville è anche autore del recente saggio Le temps de l’Homme (Plon).

Secondo gli autori della legge, l’aborto può essere ostacolato a distanza. Che ne pensa?
Si tratta di una fantasticheria ben lontana dalla realtà. Ciò che mi ha colpito è che la ministro Laurence Rossignol ha affermato che l’aborto non interrompe una vita. Al contempo, sostiene che occorre una deroga al principio della libertà d’espressione per opporsi alle menzogne diffuse su certi siti Internet. Siamo giunti ad una sorta di assurdo: un governo che nega la realtà crea una legge di censura contro chi prova a dire la verità. È una legge che sanziona solo le informazioni considerate false che potrebbero dissuadere. Mentre le eventuali informazioni false che incoraggiano l’aborto non sono penalizzate. Questa legge rappresenta uno scandalo che offende il buon senso.

Quali effetti concreti potrebbe avere?
Temo che questa legge possa ancor più alimentare un clima generale capace di spingere all’autocensura tanti professionisti dell’assistenza sociale, ma anche tanti semplici cittadini, nel timore di processi. Da ora in poi, qualsiasi persona che cercherà di aiutare una donna incinta in pieno dubbio e psicologicamente in difficoltà potrà dirsi di rischiare un processo, se espone ad esempio le alternative che esistono all’aborto. In generale, questo tipo di legge può ancor più radicare la cultura del segreto doloroso di famiglia già così diffusa nel nostro Paese su questo tema.

C’è chi parla del tentativo d’imporre una sola verità di Stato. Condivide?
Molti oggi colgono che la libertà d’espressione è minacciata. Non è affatto esagerato parlare di censura. Su questo tema così delicato e doloroso, il governo ha scelto d’intaccare la libertà d’espressione con la pretesa di proibire le opinioni non conformi a ciò che viene decretato come verità ufficiale. È molto grave. E del resto, è percepibile il disagio provato anche da tante personalità da sempre favorevoli all’aborto, ma che non accettano che un’opinione sia imposta usando la museruola per chi è opposto. In fondo, simili pratiche rappresentano un’ammissione di debolezza. A mio avviso proprio perché, di fatto, dire la verità su ciò che rappresenta un aborto, in termini di conseguenze, ha intrinsecamente un effetto dissuasivo. Eppure, è una verità a cui tutti hanno diritto, perché è l’unica strada per poter riflettere in coscienza.

Il governo promette che saranno puniti solo i siti che agiscono in modo “dissimulato”. Questo distinguo le sembra pertinente?
È una distinzione che ha poco senso perché il nocciolo della questione, a livello pratico, non riguarda Internet, ma l’atteggiamento indotto presso i professionisti del mondo sanitario e gli assistenti sociali. Concretamente, è minacciata soprattutto la libertà d’espressione di tutti questi potenziali interlocutori. Le prime vittime di questa nuova configurazione saranno naturalmente le donne.


Il Consiglio costituzionale sarà chiamato in causa. Resta davvero uno spiraglio di speranza?
Sì. Sono in molti a ritenere che ci sono buone probabilità che questa legge venga censurata. È un testo ideologico il cui movente ricorda le manovre tipiche dei politicanti. Ma in generale, tutto ciò ci ricorda in modo crudo l’enorme lavoro ancora necessario per liberare la pubblica opinione sull’aborto da laccioli di ogni tipo.