Mondo

Il libro. Due donne al servizio della pace, come il "dito mignolo dell'universo"

Angelo Picariello lunedì 18 gennaio 2021

I tornanti della storia contemporanea raccontati da due donne che per lavoro e vicende familiari ci sono state a contatto diretto. Il dito mignolo dell’universo. Due generazioni a confronto con la storia (Intermedia edizioni), è un una composizione a quattro mani in cui il vissuto personale delle protagoniste fa i conti con le ferite vecchie e nuove di grandi conflitti - interni e internazionali – che vanno ad appesantire le loro già complicate esistenze. Ma è anche la celebrazione di un’amicizia, di quelle che nascono sui posti di lavoro e segnano la vita, insieme alle vicende che ci si trova ad affrontare. Dietro i nomi di fantasia di Erica e Stella ci sono le due autrici, Marina Cerne Klauser e Maria Antonietta Fontana, due funzionarie delle organizzazioni sovranazionali con la passione del giornalismo, che danno vita a fitto un dialogo intergenerazionale, un intreccio di visioni, sensazioni ed emozioni diverse, che consentono di ripercorrere le vicende narrate al di fuori della fredda oggettività di comodo della storiografia ufficiale, destinata acriticamente a finire sui libri di storia.

Maria Antonietta Fontana (Stella), è una (ex) donna in carriera che ha lavorato in giro per il mondo (Russia, Francia, Svizzera, Stati Uniti) funzionario dell’Organizzazione italiana del Lavoro a Ginevra, New York e Torino, e ha poi deciso di rinunciare a girare ancora il mondo alla nascita della prima figlia per stabilirsi definitivamente nella sua città, Roma, dando spazio ad altre passioni, la musica, il giornalismo e l’impegno in parrocchia. Ma intanto continua a coltivare il rapporto con l’altra autrice, Marina Cerne Klauser (Erica) nel frattempo andata in pensione che per ragioni anagrafiche e di esperienza maturata sul campo è la sua “maestra”, A lungo dirigente, a Roma, dell’Ufficio formazione internazionale della Società italiana per l’Organizzazione internazionale, la sua famiglia è profondamente segnata dai grandi conflitti che hanno segnato la storia europea, al confine Nord-orientale dell’Italia. A cominciare dalla tormentata storia dei genitori, unitisi in matrimonio in una Trieste culla di contraddizioni e conflitti mai sopiti. La mamma è figlia di un ufficiale della Marina austroungarica e il papà, figlio di un operaio di Gorizia, un irredentista che si era ficcato nei guai allo scoppio della Prima guerra mondiale per aver disertato la chiamata alle armi nell’esercito italiano.

Un osservatorio molto ravvicinato per ricostruire, per prima, la disfatta di Caporetto che segnò la svolta sul fronte italiano del primo conflitto mondiale «una tragedia ancora via oggi nel linguaggio corrente, oltre che nella memoria», Che “Stella” aveva invece conosciuto, a Roma, attraverso i racconti della nonna, allora diciassettenne: «Mi veniva un gran nervoso, nei confronti del generale Cadorna – quasi fosse un mio conoscente – e tanta pena per quei soldati che mi immaginavo intirizziti di freddo, senza scarpe, in mezzo al fango, mandati al macello».

Racconti cruenti di guerra, il primo e il secondo conflitto mondiale, che finiscono per alimentare la scelta consapevole di mettere il proprio impegno, la propria professionalità al servizio della pace. Per Erica, la sua collaborazione con la Dotation Carnegie pour la paix internazionale, la porta a spostarsi fra Ginevra, Parigi e Roma. Per Stella, al netto del suo luogo girare il mondo, cruciale nella sua Roma è sempre stato Palazzo Barberini. Il luogo sontuoso in cui i suoi genitori si unirono in matrimonio, nel 1957, sarà anche la location di un importante convegno che la vedrà, per la prima volta, da 27 enne, relatrice di una prestigiosa conferenza internazionale. E poi ancora sarà ancora lì, quando – ri-stabilitasi definitivamente nella Capitale – avrà modo di coltivare a fondo la sua passione per la musica, ci tornerà per una importante esibizione del duo pianistico a quattro mani cui ha dato vita.

Ma la pace non è mai acquisita per sempre, e richiede grande impegno per essere salvaguardata, col rischio ogni volta di sprecare tutto il cammino fatto: come negli anni di piombo, come con l’attentato a Giovanni Paolo II. I giorni del caso Moro, in particolare, vengono raccontati dai due diversi angoli visuali. Di una studentessa di liceo, allora, e di una funzionaria della Sioi, quella Società italiana per l’organizzazione internazionale di cui Moro era stato fra i soci fondatori ed era tuttora un saldo riferimento.

L’anno in cui la “maestra” e l’allieva, si ritrovano, per dar luogo a questo fitto colloquio avvenuto a cavallo fra il 2016 e il 2017, è dentro una fase molto triste per chi ha dato tutto nelle organizzazioni sovranazionali e al servizio della causa europea. L’Onu segna il passo sulla spinta del trumpismo e dei diversi sovranismi al potere, la Ue accusa il colpo ferita al cuore dalla Brexit e dagli attentati posti in essere dal fondamentalismo islamico. Ma la passione per l’umanità e per il mondo delle due protagoniste non si arrende e ritrova la sua forza incrollabile – in gioventù l’una appassionata del volo d’aliante e l’altra a coltivare la sua passione per il nuoto subacqueo - nello stupore di entrambe per bellezza del Creato.

Ci si ritrova così a sentirsi come il “dito mignolo dell’Universo”: ogni evento, dal più piccolo al più grande ci permette di comporre l’Universo di cui tutti facciamo parte.