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Scontri e fermi a Parigi. I «black bloc» infiammano lo sciopero

Daniele Zappalà venerdì 6 dicembre 2019

Come preannunciato, sarà un'altra giornata nera per i trasporti pubblici oggi in Francia, nella seconda giornata consecutiva di sciopero contro la riforma delle pensioni del presidente, Emmanuel Macron. Alle 08.00 di mattina, sulle strade dell'Ile-de-France si registravano già più di 350km di ingorghi. Lo riferisce il sito di informazione stradale Sytadin. Secondo le curve statistiche, questa situazione è al di là della situazione definita 'eccezionalè da Sytadin. Abitualmente la media registrata è di circa 200km di rallentamenti.

Senza la ciclica drammaturgia sociale dei binari spenti e dei boulevard gremiti di manifestanti vocianti, la Francia non sarebbe più probabilmente la Francia. Ma nella partita che si è aperta ieri fra il presidente Emmanuel Macron e i sindacati, capaci in giornata di paralizzare il Paese per chiedere il ritiro della riforma delle pensioni, in un clima inasprito pure da gravi incursioni violente di black bloc soprattutto a Parigi, è in gioco il midollo stesso del sistema sociale caro ai lavoratori transalpini: la garanzia postbellica che il futuro dei figli sarà soddisfacente almeno quanto il presente dei genitori. Una garanzia da «grande nazione», per riprendere l’espressione gollista che lo stesso Macron ama spesso rispolverare con enfasi.

Fra i 245 cortei in ogni regione e gli scioperi che hanno congelato in gran parte i servizi pubblici (treni, aeroporti, porti, scuole, università, tribunali, commissariati), l’impeto delle proteste si è mostrato all’altezza del paradosso percepito persino da certi simpatizzanti dell’Eliseo: il «nuovo corso» promesso da Macron non rischia forse di sfociare su un precipizio per tante garanzie date a lungo come inscalfibili? Per i sindacati, il nuovo principio della “pensione a pun-ti”, proporzionale ai contributi versati da ogni lavoratore nell’intera carriera, penalizzerà insegnanti, ferrovieri e altre categorie a cui venivano riconosciuti dei benefit pensionistici per compensare la lentezza della progressione salariale rispetto al privato, o mansioni logoranti.

Ma se si trattasse solo di una questione di vantaggi di certe categorie fortemente sindaca-lizzate, Macron potrebbe probabilmente dormire sonni tranquilli. Invece, dopo i fiumi di manifestanti di ieri, con stime complessive comprese fra 800mila (Ministero dell’Interno) e 1,5 milioni (sindacato Cgt), scricchiola la tattica dell’Eliseo di dipingere la protesta come il trinceramento corporativo di una minoranza. Secondo i sondaggi, fra il 56% (Ifop) e il 58% (Elabe) dei francesi approvano le agitazioni. Numeri che ricordano il 1995, sotto l’era Chirac, quando scioperi e cortei misero in ginocchio il governo. Fra chi minaccia di scioperare e protestare anche fino a Natale e oltre, traspare la paura di un’evaporazione della République nell’accezione più amata dai francesi: un sistema protettore, ridistributivo, idealmente egualitario, pur con i suoi difetti.

«Non vogliamo sacrificare le prossime generazioni», martella Philippe Martinez, segretario della Cgt, la confederazione più agguerrita. Per il governo, invece, occorre imperativamente «riformare per rendere perenni» tutti i rami del sistema previdenziale e assistenziale, oggi oberati da indebitamenti cronici, di fronte all’invecchiamento della popolazione e a un rapporto sbilanciato fra attivi e pensionati. L’esecutivo si dice ancora pronto a migliorare la riforma, senza per questo rinnegarla. Ma intanto, nella capitale, attorno a Place de la République e a Place de la Nation, come in altri capoluoghi, la giornata di ieri è stata pure macchiata da gravi disordini legati a nuove scorrerie di centinaia di black bloc, fra blitz vandalici, roghi e decine di fermi. Un ulteriore fattore di tensione e rischi nella matassa che il governo dovrà sbrogliare.