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Lo scontro. Hong Kong, «morta» la legge sull'estradizione

Luca Miele martedì 9 luglio 2019

La governatrice filo-Pechino di Hong Kong, Carrie Lam (Ansa)

Resa. E resa (quasi) totale. Il governo di Hong Kong ha annunciato "la morte" del disegno di legge sulle estradizioni in Cina. La governatrice filo-Pechino di Hong Kong, Carrie Lam getta la spugna, riconoscendo che i tentativi del suo governo di approvare il disegno di legge sono stati un "fallimento totale" e ribadendo che il governo non avrebbe più riavviato il processo parlamentare. "Il progetto è morto", ha spiegato durante una conferenza stampa, rifiutandosi ancora una volta di parlare del ritiro definitivo. “Quando terminerà l'attuale legislatura, nel luglio del prossimo anno, scadrà automaticamente", ha chiarito. "Per favore dateci l'opportunità, il tempo, lo spazio, per far uscire Hong Kong dall'attuale impasse e cercare di migliorare la situazione", ha detto ancora Lam.
Un gesto che porterà alla riconciliazione? Niente affatto. Perché i manifestanti non hanno alcuna intenzione di mollare la presa. Uno dei principali attivisti, Joshua Wong, ha definito su Twitter "un'altra ridicola bugia" le parole di Lam. Il Civil Human Rights Forum ha già annunciato che le proteste di piazza continueranno.


I manifestanti chiedono che il testo venga rimosso immediatamente dall'ordine del giorno di Consiglio legislativo (LegCo, il Parlamento locale), invece che farlo scadere normalmente a luglio 2020, alla fine della prossima sessione parlamentare.
L’incognita principale resta la Cina. Pechino quale leve muoverà? Lascerà correre? Secondo la Reuters, Il comandante militare cinese responsabile di Hong Kong, Chen Daoxiang ha assicurato a un funzionario del Pentagono che le truppe cinesi non interferiranno negli affari della città. Secondo alcune stime i militari cinesi che “presidiano” l’isola oscillano tra le 8 e i 10mila unità.