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PORT-AU-PRINCE. Haiti, rallenta ricerca persone Si forzano i tempi per gli aiuti

  giovedì 21 gennaio 2010
La ricerca di sopravvissuti dopo il terremoto che ha devastato Haiti sta diminuendo mentre le squadre di soccorso internazionali iniziano a ritirarsi e gli aiuti, per quanto consistenti, non sono ancora abbastanza per le decine di migliaia di senzatetto e di feriti. Haiti, paese già disperatamente povero prima della scossa di magnitudo 7.0 che ha devastato la sua capitale Port- au-Prince lo scorso 12 gennaio uccidendo, si stima, 100-200mila persone, ora aspetta dal mondo i mezzi minimi di sopravvivenza. Intanto la Guardia Costiera americana ha fatto sapere che il porto della capitale, danneggiato durante il sisma, è stato riaperto ma solo per le navi cariche di aiuti. "Siamo alla terza nave e gli ingegneri hanno dato l'ok per questo tipo di operazioni", ha detto il capitano di corvetta Mark Gibbs.Jon Andrus, vicedirettore della Pan American Health Organization, è convinto, però, che si debba fare di più. "Se siamo soddisfatti del lavoro che stiamo facendo? Assolutamente no", ha detto Andrus. "Ma facciamo progressi. Pensiamo a com'era quando abbiamo iniziato quando il mondo ad Haiti è crollato. Niente strade, solo rovine e cadaveri. Nessuna comunicazione, solo morte e disperazione".Una nuova scossa di terremoto di magnitudo 6.1 si è registrata ieri ad Haiti, mentre sull'isola caraibica i timori di ulteriori violenze e di atti di sciacallaggio sono diminuiti e le truppe americane continuano a occuparsi della sicurezza durante la distribuzione di acqua e cibo.Sull'isola gli aiuti medici, la rimozione dei cadaveri dalle strade, i rifugi, l'acqua, il cibo e la pulizia restano le principali priorità per gli operatori internazionali, secondo quanto riferito dai funzionari Onu che gestiscono i soccorsi.L'Onu intensifica la distribuzione di aiuti. Anche se per le strade di Port-au-Prince, di Leogane, di Jacmel continua a regnare il caos, si allenta ad Haiti l'imbuto che ha finora ingolfato gli aiuti: i rifornimenti possono da oggi cominciare ad essere distribuiti in modo più efficace. Le autorità americane, che gestiscono per conto dell'Onu il traffico di aiuti umanitari per la popolazione colpita dal terremoto, hanno comunicato che da oggi sono operativi sull'isola quattro aeroporti, due ad Haiti, due appena oltre il confine con la Repubblica Dominicana.Ad Haiti è stata liberata dai detriti la pista del piccolo aeroporto di Jacmel, nel sud del Paese, verso il quale hanno cominciato ad essere dirottati alcuni dei troppi voli umanitari finora gestiti dall'aeroporto della capitale. Nello stesso tempo il comandante del Southcom americano, il generale Douglas Fraser, ha annunciato l'apertura di altri due piccoli scali nella Repubblica Dominicana, San Isidro e Barahoma, e la riapertura parziale del porto di Port-au-Prince. Il terremoto aveva reso impossibile ogni attracco, ma gli ingegneri militari Usa hanno ripristinato parte delle banchine e da oggi il porto ha cominciato ad accogliere i primi rifornimenti via mare.Dal punto di vista logistico si tratta di un importante passo avanti per la gestione degli aiuti. Le autorità militari americane hanno spiegato che finora tonnellate di rifornimenti si sono ammassate nell'aeroporto di Port-au-Prince, creando un ingolfamento tale che anche alcuni voli urgenti, come uno francese di Medici Senza Frontiere, nei giorni dell'emergenza è stato dirottato su Samana, a Santo Domingo. Un errore nella gestione delle priorità che ha provocato non poche polemiche tra Stati Uniti e Francia. Nel piccolo aeroporto di Port-au-Prince, abituato a gestire una trentina di voli al giorno, la capacità operativa è ora stata portata fino a 153 voli giornalieri. Con l'apertura di altri tre scali tutto dovrebbe procedere in modo più fluido. Il generale Ken Keen, responsabile sul terreno dell'intervento Usa ad Haiti, ha precisato alla Cnn che finora sono stati allestiti 320 campi profughi in diversi punti del Paese. Questo consente uno smistamento più razionale dei viveri. Tuttavia per le strade di Haiti permane il caos, la distribuzione di acqua e cibo in molte zone resta difficile. Per questo sono sbarcati a Leogane 1.960 marines con il compito di agevolare uno smistamento dei viveri più ordinato, e fare in modo che quell'acqua, quel cibo, arrivino davvero e a tutti. Nello stesso tempo continuano le evacuazioni sia di cittadini americani (oltre seimila finora), sia di haitiani. Molti di essi vengono portati nella base militare americana di Guantanamo, a Cuba, dove è stata allestita una tendopoli. Cento tende capaci di ospitare fino a 10 persone ciascuna, ma ne sono pronte altre mille. Sorgono dall'altra parte della baia in cui si trovano i detenuti sospettati di terrorismo. Tra terremotati e prigionieri, hanno precisato le autorità della base, nessun contatto è possibile.