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Medio Oriente. Gli schieramenti e le armi (comprese 80 testate nucleari) a confronto

Francesco Palmas mercoledì 25 ottobre 2023

Il confronto militare in Medio Oriente

Sarà guerra fra Israele e l’Iran? Entrambi hanno atout e vulnerabilità. Ed entrambi sono consapevoli che un confronto diretto sarebbe ingestibile. Nessuno dei due sistemi sopravvivrebbe allo scontro. È il primo fattore che frena le intemperanze, nonostante i proclami degli ayatollah che fanno affermare di «essere pronti a colpire». Diversamente da Hamas e da Hezbollah, una guerra fra Teheran e Tel Aviv coinvolgerebbe tutto il Medio Oriente. Per ora, il regime siriano e l’esercito libanese sono silenti. Anche le monarchie arabe si tengono a distanza. Nemmeno la Russia ha interesse ad aprire un nuovo fronte. Temporeggia.

È verosimile che interverrà solo per bilanciare gli Stati Uniti, se mai Washington entrasse in guerra. Nasconde forse un obiettivo? Approfittare delle difficoltà dell’Iran per incamerarne le sfere d’influenza in Siria e in Libano. Vedremo. Anche se il conflitto non si allargasse, sarebbe mutualmente tragico, per gli iraniani e per gli israeliani. I missili persiani sono in grado di colpire tutte le città e le installazioni militari israelo-americane, sia dalla madrepatria, sia dal Libano, come dalla Palestina, dallo Yemen, dalla Siria e dall’Iraq. Lo scudo antimissilistico israelo-statunitense potrebbe non reggere, perché l’arsenale persiano combina qualità e quantità. Le coordinate dei bersagli sono state acquisite da tempo dal satellite Noor-1, dallo status incerto, e dal Kanopus-V, fornito dai russi.

Se Washington fosse belligerante, Teheran riceverebbe informazioni anche dai sensori del Cremlino, più numerosi e non tutti “disturbabili”. Detto questo, Haifa è veramente nel mirino dei missili iraniani, come minacciano i falchi di Teheran? Le due città distano poco più di 1.500 chilometri. I missili persiani Soumar, Ghadr-1 e Sejil-1 arrivano a 2mila chilometri, gli Emad-1 portano su 1.700 km, mentre gli Shahab-3B si fermano a 1.500 chilometri. Con gli Haaj-Qassem da 1.400 e gli Shahab-3 da 1.300 chilometri sono le armi anti-città israeliane per antonomasia.

Parliamo di missili intermedi e, se le stime sono corrette, disponibili in più di mille unità. Alcuni sarebbero propulsi da carburanti solidi, rapidissimi in batteria. I lanciatori sarebbero mobili, protetti in bunker sotterranei, difficilmente annientabili con attacchi preventivi. Fra Bandar Abbas e Teheran sarebbero ultimati anche decine di silos, molto profondi. Un insieme che rende la minaccia iraniana credibile e precisa, integrabile pure da raid navali con gli Abu-Madhi (mille chilometri), lanciabili dalle unità Makran, Jamaran e Kilo. Purtroppo Teheran ha testate chimiche. Dispone di quantità enormi di gas mostarda, sarin, soman, tabun e agenti Vx. Israele farebbe bene a calcolare ogni mossa, anche se è una potenza nucleare non dichiarata.

Potrebbe schiacciare l’Iran solo in Palestina, Libano e Siria. Ma non è in grado di proiettarsi a grande distanza. Qui potrebbe sferrare raid aerei massicci, ma puntuali e limitati. Proprio per scongiurare una guerra indecifrabile, gli americani hanno sempre negato all’aviazione alleata ordigni convenzionali molto letali e penetranti. Sanno che sconfiggere l’Iran è fattibile solo sulla carta. Il Paese ha profondità strategica, montagne a iosa e un terreno che favorisce la difesa. Assalti anfibi o aeromobili sarebbero quasi impossibili e condannerebbero l’invasore al logorio.

Ecco perché la guerra in corso si spera non si allargherà. La cosa più probabile è che Israele e Iran continuino a combattersi clandestinamente, campo in cui non hanno rivali. Teheran potrebbe attaccare i nemici ovunque: ha una fitta rete di agenti all’estero, milizie affiliate nel grande Medio Oriente, con missili e droni iraniani, teste di ponte in Sudamerica e un oscuro passato di sponsor terroristico. Saranno queste le sue armi privilegiate, frutto di una dottrina asimmetrica e del rifiuto di guerre che non lascerebbero scampo all’Iran.