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IL VOTO A TOKIO. Giappone alle urne L’opposizione vola

sabato 29 agosto 2009
II l Giappone è pronto a voltar pagina. Do­mani le urne decreteranno se il Partito democratico ( Dp) di Yukio Hatoyama confermerà le previsioni della vigilia, che lo danno per trionfatore. Gli ultimi sondaggi assegnerebbero 321 seggi sui 480 disponi­bili ai democratici, mentre ai liberaldemo­cratici ( Ldp) del premier uscente Taro Aso, gli elettori assegnerebbero sol­tanto 103 deputati. Non vi sarebbe invece il previ­sto sorpasso dei comunisti sul Komeito, il partito appoggiato dalla Sokka Gakkai, il quale, grazie ad una pressante propa­ganda porta a porta, manter­rebbe 24 seggi.Il probabile neo premier Hatoyama, ha detto ad Avvenire che «i giapponesi san­no che per non perdere la com­petitività a livello internazio­nale, occorre cambiare meto­do di fare politica e di lavorare. Con il so­stegno di tutti sono convinto di poter riav­viare i motori dell’economia del Giappone». Il Presidente del Keidanren, Fujio Mitarai, ha ancora una volta spezzato una lancia a favore dei liberaldemocratici, ribadendo che il programma dell’attuale opposizione non è proponibile in un Paese che ha già un debito pubblico pari al 180% del Pil e se­condo al mondo solo dopo lo Zim­babwe. « Destinare tra il 3 e il 5% del Pil per rendere attuabili i punti principali del ma­nifesto del Partito democratico, significa affossare la nostra economia » ha senten­ziato Mitarai. Molti analisi vedono però positivamente questa distanza di vedute tra la classe im­prenditoriale giapponese, abituata ad esse­re foraggiata dalla burocrazia nazionale, e la dirigenza democratica. « L’indipendenza della politica dall’economia, e viceversa, è indispensabile per il progresso di un Paese» ha affermato Asami Yasuhito, professore di Economia alla Hitotsubashi University. «L’i­nesistenza di finanziamenti del Keidanren verso il Partito democratico contrapposta invece al pesante legame finanziario del­l’industria giapponese con il Partito libe­raldemocratico, è garanzia di una certa in­dipendenza di scelte che potrebbe favorire il ritorno di un’economia di mercato com­petitiva in Giappone » , ha aggiunto il pro­fessor Yasuhito. E mentre a livello politico ferve il dibattito, l’opinione pubblica sembra disinteressar­sene. I dibattiti televisivi continuano ad a­vere ascolti bassissimi, mentre i comizi dei candidati vengono snobbati. Per le vie del­le città i rappresentanti dei partiti parlano a gente frettolosa, che al massimo getta un occhiata furtiva all’oratore. « Vedremo cosa sapranno fare i democratici » dice un qua­rantenne disoccupato. Che ar­gomenta: « La maggioranza di loro proviene dai liberalde­mocratici e non penso che possano cambiare un sistema che dura da più di mezzo se­colo » . La sfiducia degli elettori, ma ancor più dei lavoratori, è pal­pabile. Troppe volte le illusio­ni si sono infrante contro una burocrazia impenetrabile e una classe po­litica inetta. I politici in Giappone sono ri­cordati più per le loro doti di accaparrare denaro per le diverse fazioni che rappre­sentano, che per le loro capacità. Kakuei Tanaka, il premier corrotto e co­stretto al pensionamento anticipato, è an­cora ricordato con rimpianto dai suoi col­leghi. Sua figlia, Makiko, dopo essere stata ministro degli Esteri nel 2001, si è accoda­ta alla cordata vincente dei democratici po­che settimane prima del voto, mentre Ichi­ro Ozawa, fondatore del Partito democrati­co, è indagato per corruzione. Come inizio non è promettente. Un uomo affigge i manifesti di Yukio Hatoyama, leader del Dp: il partito è in vantaggio nei sondaggi (Epa) Yukio Hatoyama