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Dopo la decisione di Svezia e Danimarca. Profughi, la Ue: no alle frontiere interne chiuse

mercoledì 6 gennaio 2016
La Ue non approva la scelta di Danimarca e Svezia di reintrodurre i controlli alla frontiera con altri stati dell'Unione per fare fronte al flusso dei migranti. in contrasto con Schengen. I due Paesi, insieme alla Germania, sono stati convocati dalla Commissione europea oggi per discutere della questione. La Commissione europea ha insistito sulla necessità di "tornare alla normalità il più presto possibile", togliendo i controlli alle frontiere. "Sono state adottate misure eccezionali e abbiamo convenuto di mantenerle a un livello minimo e di tornare alla normalità il più rapidamente possibile", ha detto il commissario Dimitris Avramopoulos. Il commissario europeo all'Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ha incontrato i delegati dei tre Paesi: il ministro della Giustizia e Immnigrazione svedese Morgan Johansson, la ministra danese di Immigrazione e Integrazione Inger Stojberg, il segretario di Stato al ministero dell'Interno tedesco Ole Schroeder. Nei colloqui, sono stati discussi i mezzi applicati dai tre Paesi negli ultimi mesi. Danimarca, Svezia e Germania hanno difeso a Bruxelles l'applicazione di controlli temporanei alle loro frontiere, e sottolineato la mancanza di risposta europea alla crisi. Avramopoulos ha parlato dopo un incontro con i ministri danese, svedese e tedesco, che la Commissione ha convocato per migliorare il loro coordinamento in un contesto di crescente preoccupazione per la libertà di movimento nello spazio Schengen. "Siamo tutti d'accordo che Schengen e la libertà di movimento devono essere salvati", ha dichiarato il commissario europeo. Da parte sua, la Germania ha chiarito che il problema è che l'Ue non ha un efficace sistema di controllo delle frontiere esterne, in particolare tra Grecia e Turchia. Secondo il tedesco Schroeder, il meccanismo per il ricollocamento dei rifugiati "non sta funzionando" e ci sono difficoltà nel sistema di asilo e della base dati europea sui richiedenti asilo (Eurodac). "Sino a quando non avremo una soluzione europea, saranno necessarie misure da parte dei singoli Stati membri", ha detto. Ha ricordato che Berlino ha reintrodotto i controlli di frontiera il 13 settembre per rispondere all'alto flusso di arrivi, circa 3.200 persone al giorno, "cifra che non è scesa negli ultimi giorni". Le autorità svedesi sono concordi sul fatto che i controlli attuali "non possano essere mantenuti per molto tempo" e che i Paesi europei debbano "lavorare assieme" per facilitare la ricollocazione dei rifugiati, applicare la normativa sull'asilo e proteggere le frontiere esterne. "Siamo le nazioni che accolgono più rifugiati pro capite. Possiamo fare molto, ma non tutto. Dobbiamo condividere la responsabilità", ha affermato Johansson. La ministra danese Stojberg ha avvertito invece sul fatto che il suo Paese, che ha introdotto i controlli alla frontiera con la Germania, potrebbe applicare anche controlli di identità simili a quelli imposti dalla Svezia, sui passeggeri delle compagnie di trasporto. "Non vogliamo essere la destinazione finale di migliaia e migliaia di richiedenti asilo", ha detto, sottolineando anch'essa la necessità di "soluzioni europee" per far fronte alla crisi. La ricollocazione dei migranti non va avanti Secondo gli ultimi dati della Commissione europea, sino a ieri solo 272 rifugiati sono stati riocollocati da Italia e Grecia verso altri Paesi dell'Unione europea. I ventotto membri del blocco si erano impegnati a trasferirne 39.600 dall'Italia e 66.400 dalla Grecia. E solo tre degli hotspot che erano stati previsti in Italia e Grecia stanno funzionando, ha ricordato la portavoce della Commissione europea per l'Immigrazione, Tove Ernst. "Il flop dei ricollocamenti è dovuto a tre motivi: innanzitutto la procedura troppo complessa, fare un fascicolo elettronico così complicato richiede troppo tempo; poi i Paesi poco generosi che hanno concesso pochissime quote; e infine non è possibile ridurre tutto ad iracheni, siriani ed eritrei; mi chiedo perché un afgano non possa essere un rifugiato". Lo spiega il prefetto Mario Morcone, capo Dipartimento libertà civili ed immigrazione del ministero dell'Interno, commentando i dati della relocation che finora hanno visto la partenza di soli 190 profughi dall'Italia sui 40mila in due anni previsti dal piano europeo. Morcone: torna un'idea di Europa che pensavamo di avere superato "I Paesi europei - ha poi osservato Morcone - sono 28 e mi sembra stia prendendo piede una politica fatta da chi ha avuto sempre fastidio nei confronti della casa comune europea. Noi difendiamo Schengen, che è un pilastro di questo percorso. Se si vuole stare insieme bisogna abbassare i toni, ma mi pare si stia esagerando con la procedura d'infrazione e con il nostro funzionario fuori dal gabinetto Juncker. Sta prendendo piede un'idea di Europa che pensavamo di aver superato". Sul fronte interno, il prefetto ha ricordato che in Italia ci sono in accoglienza 110mila immigrati: "l'Italia sta facendo un percorso molto importante, civile, di cui possiamo andare orgogliosi".