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Nominalismo scatenato. La Francia elimina il «buon padre di famiglia»

Daniele Zappalà mercoledì 22 gennaio 2014
PARIGI - Il debito pubblico francese è alle stelle e preoccupa l’Europa. Certi comitati sindacali di fabbrica transalpini hanno sequestrato dei dirigenti e restano sul piede di guerra, dicendosi pronti a nuove azioni violente. E di cosa si discute, in queste settimane tormentate, fra le mura del Palais Bourbon, sede dell’Assemblea nazionale? Dell’espressione «bon père de famille», «buon padre di famiglia», ereditata dal diritto romano e transitata per secoli nei testi e codici legislativi del mondo intero. Ma adesso, i Verdi sostengono che l’espressione è in realtà un pericoloso simbolo «sessista». Nasce da qui un emendamento appena votato nottetempo per bandire l’espressione dai circa 15 testi dov’è ancora presente, in particolare nel Codice civile. L’espressione incriminata, che fa parte pure del linguaggio corrente e non era mai parsa tanto insidiosa alla gente comune, sarà sostituita dalla formula «gestione ragionevole» o dall’avverbio «ragionevolmente». Ma sono ragionevoli, invece, il puntiglio e l’energia investiti contro un’espressione classica della lingua nazionale? Una parte dell’opposizione di centrodestra ha reagito con ironia, chiedendosi se l’epurazione linguistica in corso se la prenderà presto pure con il termine «patria», oppure come si risolverà il dilemma legato alle discriminazioni incrociate contenute nel termine «madrepatria». Ma c’è pure chi, come il deputato neogollista Hervé Mariton, ha lanciato una denuncia in piena regola: «Siamo in pieno totalitarismo linguistico».