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PRESIDENZIALI. Francia, cattolici senza candidato

Luigi Geninazzi sabato 21 aprile 2012
Nessuna consegna di voto, perché la Chiesa non è un movimento politico. Ma questo non significa stare zitti. I vescovi della Francia hanno inviato una lettera ai fedeli richiamando l’importanza delle elezioni presidenziali alle quali «il credente deve partecipare nel modo più serio possibile». A questo scopo hanno elaborato un documento che vuole essere una base di riflessione, con la proposta di alcuni «punti di discernimento» per giudicare i programmi dei vari candidati. Il testo è intitolato "Elezioni: un voto per quale società?" ed è stato pubblicato dalla Conferenza episcopale francese lo scorso ottobre. «L’abbiamo fatto con grande anticipo sulla campagna elettorale per sottrarci a possibili accuse e strumentalizzazioni», ci dice monsignor Bernard Podvin, segretario della Cef. Sono tredici i criteri di giudizio che vengono offerti ai cattolici: al primo posto la vita nascente, cui fanno seguito la famiglia e l’educazione, quindi vari problemi sociali, dall’ambiente all’immigrazione, dalla giustizia all’Europa, per finire con le questioni dell’eutanasia e della laicità. Temi decisivi per il futuro del Paese. Sfide cruciali che sono state pressoché ignorate nel corso della campagna elettorale che si è chiusa ieri sera. «Una campagna deludente» non esita a definirla il segretario episcopale. Un giudizio che, stando ad un’inchiesta recente, è condiviso dal 60% dei cittadini francesi. «I silenzi o i vaghi accenni alle questioni legate alla vita-prenatale ed alla famiglia hanno fatto trasparire l’imbarazzo dei candidati e la loro incapacità di proporre una solida visione ideale, un progetto di società che vada oltre i personalismi e gli interessi immediati», nota monsignor Podvin. Tradizionalmente il voto dei cattolici francesi si divide fra destra e sinistra, con una prevalenza per il primo schieramento. Anche nel caso di queste elezioni presidenziali un sondaggio ha messo in evidenza che il 38% di coloro che si dichiarano cattolici (quindi non solo i praticanti, il 14% della popolazione) vota per il neo-gollista Sarkozy, il 22% per il socialista Hollande, mentre il 17% sceglie il centrista Bayrou ed il 16% l’estrema destra di Le Pen. Cinque anni fa, all’inizio del suo mandato presidenziale, Nicolas Sarkozy aveva suscitato grande attenzione e stima nel mondo cattolico per i suoi interventi sulla «laicità positiva» e sulle radici cristiane dell’Europa. Ma il suo stile di vita ed i suoi stretti legami con il mondo del denaro che gli hanno procurato l’appellativo di «presidente dei ricchi», hanno suscitato sconcerto. In un’intervista a Le Figaro del 1 aprile il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, ha sottolineato l’importanza delle qualità morali del candidato, un richiamo che molti hanno letto in chiave anti-Sarkozy. C’è da dire che nel corso della campagna elettorale il presidente uscente ha ribadito il suo no al matrimonio omosessuale, contrariamente a Francois Hollande che lo prevede esplicitamente nel suo programma, insieme con la possibilità di adozione. La Francia, com’è noto, riconosce le coppie di fatto, i «Pacs», un patto che viene stipulato davanti al sindaco. Nessuno dei dieci candidati alla presidenza intende abolirlo. I cattolici che votano a sinistra possono vantare una lunga tradizione, testimoniata dalla presenza nel partito socialista di personalità famose come Jacques Delors. Ma di fronte alle proposte di Hollande sul matrimonio gay, sull’eutanasia e sulla ricerca delle cellule staminali, si trovano a disagio. L’uomo che con tutta probabilità salirà all’Eliseo vuole inserire nella Costituzione la legge sulla laicità del 1905.Un modo per alzare le barriere nei confronti della Chiesa che sul piano giuridico potrebbe creare parecchie complicazioni. E c’è chi, come il leader del Fronte di sinistra Mélenchon, vorrebbe addirittura mettere nella Costituzione il diritto all’aborto.