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La storia. Filippine, dopo il tifone la vita riparte dalle scuole

Stefano Vecchia sabato 14 dicembre 2013
A poco più di un mese dalla devastazione che l’8 novembre ha messo in ginocchio una vasta area delle Filippine centrali, l’emergenza va sfumando lentamente. Le 4mila abitazioni prefabbricate promesse entro Natale, che dovrebbero sorgere alla periferia di Tacloban e di altri certi colpiti, saranno comunque una goccia nel mare delle necessità. Ma almeno si tratta di un segnale concreto di speranza. Nessuno si nasconde, però, che le difficoltà e i costi per riportare alla normalità, con strutture anche più moderne e soprattutto più sicure, le molte isole sconvolte dalla forza del super-tifone Haiyan saranno enormi. La sfida sarà anche di restituire sicurezza ed equilibrio a centinaia di migliaia di abitanti traumatizzati tra i 16 milioni segnati da Hayan.Ieri, i dati del Consiglio nazionale per la riduzione e la gestione del rischio di disastri hanno indicato che è stata superata la soglia dei 6mila morti: 6.009 secondo la conta ufficiale. Una conta faticosa e anche dolorosa, che nella sola città di Tacloban aggiunge ogni giorno almeno una ventina di cadaveri alla lista che si allunga e che continua a contrastare con i dati raccolti e stimati dalle organizzazioni di soccorso. A falsare il risultato finale è anche la burocrazia. Secondo le stime basate sulle testimonianze locali, i dispersi sarebbero almeno 8mila, ma in maggioranza non sono ancora entrati nell’ufficialità a causa delle procedure. Non solo. Non si sa con esattezza quanti cadaveri siano stati sepolti nella fase dell’emergenza per evitare lo svilupparsi di forme di contagio e neppure quanti di questi rientrino nel numero dei dispersi, ferma a 1.779. Stabile anche a 27.022 il numero dei feriti, con ancora 3,9 milioni i filippini sfollati, assistiti sia all’interno dei centri di raccolta sia, soprattutto, all’esterno.Cifre e dati, freddi e necessari. Tuttavia quella delle Filippine del dopo-tifone è anche una realtà di tante storie. È in via di trasferimento sul terreno della parrocchia del Santissimo Sacramento di Tigbao, a pochi minuti di auto da Tacloban, la grande cucina da campo che nella base aerea militare di Villamor a Manila ha per settimane fornito migliaia di pasti agli evacuati dalle aree devastate verso la capitale. La parrocchia ospita centinaia di senzatetto in condizioni di grande difficoltà. La cucina da campo che si prevede potrà funzionare dal 17 dicembre potrà fornire almeno mille pasti al giorno, installata e gestita da soli volontari, guidati dal fotografo Alex Baluyot che ha preso il ruolo di capocuoco. Un’iniziativa resa possibile dalle sole donazioni private e dalla partecipazione nutrita di volontari.Un altro gruppo di volontari, che ha trasportato gratuitamente centinaia di sfollati dalle provincie disastrate a Manila, sta preparando una Fiera del Lavoro da tenersi domenica nel Parco Luneta a Manila. L’intento è soprattutto di fornire lavoro ad almeno 5mila tra gli evacuati che si trovano nella capitale.Necessità di cibo, di lavoro, ma anche di una... penna. Per Jhomelyn, 12 anni, che ha perso tutto nel villaggio di 200 case distrutto nella provincia di Samar Orientale, normalità è tornare a scuola, appena possibile, ma intanto avere una penna, tra le cose introvabili nel post-tifone. Lo ha raccontato ai soccorritori della Ong filippina Plan, che distribuisce cibo, acqua potabile, ripari, kit per l’igiene personale. «Mangiamo sardine, riso, spaghetti disidratati – racconta Jhomelyn –. L’acqua è razionata e dobbiamo andare nel villaggio vicino per fare rifornimento». Mai come ora, le scuole appaiono come strutture certe, solide nel fornire non solo istruzione ma anche sicurezza a tanti bambini e giovani, un protezione contro lo sfruttamento del lavoro minorile ma anche a protezione degli abusi che minacciano in particolare le bambine.