Mondo

L?intervista. «Ferito il cuore del dialogo interreligioso»

mercoledì 30 marzo 2016
«Il dolore e lo sconcerto per questo attacco sono impossibili da definire a parole. Quello che posso dire è che si tratta di un crimine contro l’umanità». A dichiararlo, il domenicano padre James Channan, che a Lahore dirige il Centro per la Pace. Convinto fautore del dialogo interreligioso, da tempo condanna fermamente il radicalismo terrorista che rischia di aprire un solco profondo tra musulmani e minoranze in Pakistan. Qual è stata la sua immediata reazione all’attentato di Lahore? Quello che si è verificato domenica nel parco Gulshan- e-Iqbal è stato un vergognoso crimine contro l’umanità, che ha portato vittime sia tra i cristiani sia tra i musulmani che si trovavano in un’area dedicata allo svago dei più piccoli in una giornata festiva. I musulmani vi avevano cercato svago e gioia con le loro famiglie e amici, mentre i cristiani con i propri familiari e conoscenti vi avevano trovato un luogo in cui celebrare la Pasqua. Addolora profondamente che questi terroristi dimostrino una tale crudeltà e disumanità. Perché i kamikaze uccidono degli innocenti? Vi sono cose profondamente sbagliate dietro eventi del genere. Sono addolorato per questo episodio che ha avuto luogo in un’area non lontana dalla mia abitazione. Pesante constatare che nessuno è più al sicuro in Pakistan. Lei è stato un pioniere del dialogo cristiano-musulmano. Quanto questo episodio inciderà sul suo impegno? Eventi orripilanti di questo genere ci consentono di comprendere e di confermare ulteriormente e per ciascuno l’importanza del dialogo nella promozione del rispetto e nell’impegno per la pace. Ci chiedono di non smettere di impegnarci per creare un senso di rispetto per chiunque e di unirci contro le forze malvagie che non danno valore alla vita e non mostrano rispetto per alcuno, nessun amore per bambini e donne. Occorre cambiare la mentalità di questi militanti e giocare al meglio il nostro ruolo di consolazione, soprattutto per coloro che hanno sofferto per questi attacchi. La città è stata colpita al cuore, in che modo può reagire? C’è stato un tempo in cui Lahore si poteva considerare una città sicura, un centro di cultura e di commerci. Ora non è più così. Tuttavia, nonostante l’oscurità che ci circonda, abbiamo l’imperativo di giocare un ruolo nella promozione della pace, dell’armonia e del rispetto per tutti. Sono ancora convinto che possiamo cambiare molti, se non tutti. Il rischio che Lahore, città di sei milioni di abitanti e secondo centro del Paese, possa diventare un obiettivo nella strategia taleban è ora concreto? Purtroppo sì e ormai da tempo. Non a caso, il giornale locale Khabrain ha sottolineato che dal 2008 vi sono state 68 esplosioni in città che hanno ucciso 126 tra soldati e poliziotti, 482 civili e ferito 2.200 persone. Attacchi attuati contro moschee, chiese, scuole, commissariati di polizia e luoghi pubblici. In sintesi, nessuno è sicuro a Lahore, non più che in altre località. Quanto successo a Pasqua fa capire la situazione attuale in cui vive la popolazione e il rischio di vivere e lavorare nella città. Stefano Vecchia © RIPRODUZIONE RISERVATA Padre Channan