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Afghanistan. Ecco come un centro maternità può aiutare un Paese e le donne a crescere

martedì 15 ottobre 2019

Quattro decenni di guerra continua sono un'enormità, una tragedia senza fine che divora generazioni. Dall'invasione sovietica nel 1979 all'avvento al potere dei talebani, all'attacco statunitense fino ad oggi. In Afghanistan si continua a morire e a fuggire, soprattutto si vive nell'insicurezza. La guerra ha seriamente compromesso la struttura del Paese. Le donne, in particolare, hanno un difficile accesso al Sistema sanitario. Emergency è qui dal 1999 e nel 2003, ad Anabah, nella Valle del Panshir, ha costruito un Centro di maternità che, ad oggi, rimane l’unica struttura specializzata e gratuita per le partorienti in questa vasta zona.

Acqua nel deserto. Con importanti risvolti, sia sanitari che sociali. "Una rivoluzione silenziosa" è, non a caso, il titolo di un rapporto di Emergency che fa il punto su questa presenza e che analizza l’impatto che un Centro di maternità specializzato e gratuito può avere sulla vita delle donne che vi hanno a che fare, sia come pazienti, sia come staff, e come questo sistema possa offrire un modello da replicare in altre aree del Paese, o in altri Paesi con scarse risorse.

Il tasso di mortalità femminile in Afghanistan è più altro del 50% rispetto a quello maschile. 1 donna su 14 muore durante la gravidanza o il parto. Anche la mortalità infantile è alta: 1 bambino su 18 muore prima di compiere 5 anni (di questi, l’80% muore entro il primo anno di vita).

In questa terra accedere all'assistenza sanitaria per le donne no è cosa semplice. Per il 40% delle donne intervistate la difficoltà va ben oltre l’ostacolo della distanza fisica necessaria per raggiungere le strutture sanitarie (10%). Le opinioni familiari e le questioni culturali, invece, rappresentano un ostacolo significativo (31%). E poi c'è la continua insicurezza diffusa, legata al conflitto perennemente in corso.

"Il Centro di maternità di Emergency è un microcosmo che riflette bene le differenze presenti all’interno del Paese - spiega Fabrizio Foschini, ricercatore dell’Afghanistan Analysts Network -. Vi si recano tanto pazienti provenienti dalle zone rurali delle tre province circostanti, il Panshir stesso, Parwan e Kapisa, quanto dalla capitale, Kabul. Le prime, spesso analfabete, sono attratte soprattutto dall’assenza di costi e dall’ampissima disponibilità di cure, mentre le seconde, di norma più istruite e dotate di maggiore autonomia decisionale riguardo all’andamento della propria gravidanza, sono consapevoli dell’alta qualità dell’assistenza medica che possono trovare qui. La ricerca non può rendere conto di quelle donne che non sono riuscite ad accedere alle cure ostetriche, ma mostra nelle parole di quelle che ce l'hanno fatta come alcune caratteristiche del Centro di maternità di Emergency lo abbiano reso più accessibile alle donne e accettabile agli occhi di tutta la popolazione".

Quando Emergency ha costruito il Centro di maternità di Anabah, per molte famiglie locali era impensabile che le mogli e le figlie lavorassero a stretto contatto con staff internazionale a causa del timore che il contatto con lo staff internazionale potesse rappresentare un rischio per l’integrità e la reputazione delle giovani donne impiegate. È stato necessario molto tempo affinché la popolazione lo accettasse. Oggi, la presenza del personale internazionale è generalmente considerata dai pazienti un beneficio che migliora di molto le prestazioni mediche. Nonostante lo scetticismo iniziale, il Centro di maternità ha raggiunto la capacità di effettuare più di 600 parti al mese e il 70% delle intervistate ha dichiarato di averlo scelto proprio per la qualità di cure offerte.

“In 12 anni ho visto nascere migliaia di bambini- racconta Raffaela Baiocchi, della Emergency Medical Division OB&GY -, ma soprattutto ho visto nascere e crescere tante donne: le nostre ostetriche, le nostre infermiere, le nostre giovani dottoresse. Donne afghane che hanno studiato, lavorato e lottato contro tanti pregiudizi e talvolta anche minacce, per costruirsi una professione che esercitano con passione, intelligenza e soprattutto empatia. Il Centro di maternità di Anabah è un mondo dove le donne si salvano a vicenda”.

Il Centro di maternità è quindi anche un luogo dove le donne possono realizzare il loro ruolo sociale, come madri o come operatrici sanitarie, assumere un ruolo più attivo nel prendere decisioni sulla salute, perfino sfidare tabù sociali e scetticismo familiare e intraprendere un corso di studi o una carriera professionale.

L’esperienza del Centro di maternità di Anabah, inoltre, rafforza l’idea presentata dalle Nazioni Unite nel documento “Standards for improving quality of maternal and newborn care in health facilities”, del 2016, che le strategie per ridurre i tassi di mortalità materna e neonatale debbano concentrarsi sulla qualità dell’assistenza sanitaria e non solo sulla solo disponibilità. Quindi secondo l'Oms (Organizzazione mondiale delle sanità) per avere risultati effettivi e duraturi "l’assistenza sanitaria deve essere equa, efficiente, centrata sulle persone” e a fare la differenza sono le infrastrutture, le risorse umane, le conoscenze e le capacità nell’affrontare le complicanze.

Leggi il rapporto integrale «Una rivoluzione silenziosa»

Italia - Afghanistan: numeri a confronto

Presso il Centro di Maternità di Anabah i parti effettuati ogni anno sono oltre 7.000. Al Policlinico di Milano – Clinica Mangiagalli, considerato tra le prime dieci strutture italiane di riferimento sul tema, vengono effettuati più di 5.900 parti l’anno. Leggi

Secondo gli ultimi dati della World Bank, in Afghanistan, l’aspettativa di vita alla nascita è di 64 anni, mentre in Italia è di 83 anni. Leggi

Dal rapporto Emergency “Una rivoluzione silenziosa” è emerso che, in Afghanistan, il 68% delle donne ha il primo figlio tra i 17 e i 22 anni. In Italia, secondo gli ultimi dati ISTAT, l’età media delle donne alla prima gravidanza è 31,1 anni Leggi

Dall’Human Development Report del 2018 risulta che, in Afghanistan, la percentuale di donne – di età superiore ai 15 anni – che ha un conto in banca è il 7,2%. In Italia, invece, questa ammonta al 91,6%.