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EGITTO. Mansour presidente I Fratelli in piazza «contro il golpe»

Gilberto Mastromatteo venerdì 5 luglio 2013
Mahmoud tiene una copia del Corano stretta nella mano destra. Nell’altra ha un crocifisso e sul cappello una fotografia del generale Abdel Fattah al-Sissi, il capo delle Forze armate. «Cristiani, musulmani ed esercito», scandisce con il filo di voce che gli è rimasta dopo una notte di festeggiamenti. La riedizione dell’alleanza rivoluzionaria che nel 2011 costò la poltrona a Hosni Mubarak e oggi la porta via al fratello musulmano Mohamed Morsi. Attorno a lui il Cairo è un delirio di urla, canti, sincopati ritmi nubiani scanditi da grancasse e vuvuzelas, fuochi pirotecnici e bandiere, soprattutto, migliaia di bandiere. La notte più dolce per il popolo di piazza Tahrir, dopo una giornata, quella di mercoledì, che sembrava non dover finire.«Francamente non mi aspettavo che Morsi potesse essere messo da parte così facilmente», dice Khaled Rageh, giovane istruttore subacqueo di Hurgada, giunto fin nel cuore della rivoluzione dopo sette ore di autobus. «Dovevo esserci – dice raggiante – ho sognato per settimane di svegliarmi con un nuovo presidente e lasciarmi finalmente alle spalle Morsi e i suoi Ikhwan». I Fratelli musulmani sembrano lontani anni luce, mentre anche in piazza Tahrir viene diffusa la voce di Adly Mansour, fino a ieri presidente della Corte costituzionale, che giura fedeltà alla nazione, come nuovo capo dello Stato. «È un uomo di cui mi fido – afferma Magdi Tawil, operaio tessile di Heliopolis, commentando il giuramento di Mansour – è un moderato, è onesto, ha un’aria rassicurante. Credo sia quello che ci vuole per affrontare questa ennesima transizione. Spero solo non ci siano code di violenza». In realtà la guerra è già iniziata. E le prime parole del presidente lo sottolineano. «I Fratelli musulmani sono parte della nazione – dice Mansour, chiamando implicitamente alla pacificazione nazionale gli anti-Morsi – una nazione che dobbiamo costruire insieme». La risposta della Fratellanza non si è fatta attendere. «Non riconosciamo alcuna autorità usurpatrice», il messaggio diramato da Abdul Rahman Al Barr, uno dei portavoce del gruppo islamico. Solo nella nottata di mercoledì, mentre al Cairo si festeggiava, almeno 14 persone hanno perso la vita negli scontri divampati nelle altre città del Paese: Marsa Matrouh, Minya, Assiut, Alessandria. All’università del Cairo, dove solo 24 ore prima della caduta di Morsi c’erano stati circa 25 morti, la rabbia degli islamici si è sfogata per ore contro gli oppositori dell’ormai ex presidente. Ma l’esercito è intervenuto e ha arrestato decine di persone in possesso di armi illegali, comprese bombe a mano. «Negli ultimi mesi il Paese è stato invaso dalle armi – dice Naguib Halaib, uno dei manifestanti che fanno capo alla galassia dei Tamarod (i ribelli) – alcuni estremisti in seno alla Fratellanza musulmana possiedono fucili e pistole provenienti dai mercati turchi e russi. La maggior parte delle armi che circolano tra gli oppositori degli Ikhwan, invece, sono fatte in casa. Ho visto pistole rudimentali che sparano un solo colpo, oppure degli aggeggi simili a mortai, che hanno in dotazione sei cartucce. I prezzi sono irrisori, l’equivalente di 50 o 100 euro». Ad acuire il clima di tensione, ieri, ci ha pensato la Fratellanza stessa, invitando i propri sostenitori a scendere in piazza per un «Venerdì della collera», oggi, in tutto il Paese, «per protestare contro il golpe dei militari». «Ormai non abbiamo più paura», dice ancora Naguib che invece prenderà parte alla manifestazione indetta, sempre per oggi, dai Tamarod. «Il venerdì per proteggere i risultati della rivoluzione», come lo ha definito il portavoce Mahmud Badr. È muro contro muro.Nel frattempo Mohamed Morsi continua ad essere “in custodia” delle autorità militari, all’interno del ministero della Difesa. Diversa la sorte di altri due dei maggiori esponenti della Fratellanza islamica, Saad el-Katatni, leader del partito “Giustizia e Libertà” e Rashad al-Bayoumi, ex presidente del Parlamento e braccio destro del leader dei Fratelli, Mohamed Badie, anch’egli posto agli arresti ieri l’altro. Sono detenuti nel carcere di Tora, la cosiddetta “farm”, la “prigione di lusso”, in cui dal 2011 soggiornano anche Hosni Mubarak e i suoi due figli. «Le cambieremo nome – ironizza Naguib – sarà la prigione di chi si oppone alla volontà del popolo egiziano».