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Terrorismo. Egitto, turisti religiosi nel mirino: 4 morti

lunedì 17 febbraio 2014

La violenza in Egitto fa un ulteriore salto di livello. Dopo gli scontri in piazza, con morti e feriti, tra sostenitore del governo militare e quelli del doposto presidente Morsi, ora è il momento degli attacchi ai turisti.

Una potente bomba esplosa vicino al posto di frontiera di Taba, al confine con Israele, ha fatto saltare un autobus con 32 sudcoreani in viaggio di turismo religioso in Medio Oriente, ha provocato la morte di tre di essi e dell'autista egiziano, oltre al ferimento di altri quindici.La strategia dei terroristi, che potrebbero essere quei jihadisti che operano da tempo nel Sinai e che cercano di sfruttare la crisi politica e civile egiziana, appare chiara: minare l'industria turistica fondamentale per l'economia egiziata, attaccando al tempo stesso obiettivi religiosi (cristiani) con ripercussioni anche nei rapporti tra il Cairo e Gerusalemme.   L'autobus, di una compagnia turistica egiziana, era partito dal Cairo ed aveva sostato ieri nel monastero greco ortodosso di Santa Caterina, nel Sinai meridionale, da dove i turisti erano ripartiti nelle prime ore di stamani per recarsi in Israele. L'esplosione è avvenuta in territorio egiziano, a circa 50 metri dal confine, che i turisti avrebbero dovuto attraversare a piedi dopo essere scesi dall'automezzo. Prima che scendessero, però, è avvenuta la deflagrazione, che secondo i primi accertamenti sarebbe stata provocata con un ordigno, forse telecomandato, collocato o sotto il sedile dell'autista o sotto la parte anteriore del veicolo.  In un primo momento il ritrovamento di resti umani tra i rottami dell'autobus - distrutto nella parte superiore dall'esplosione e da un incendio successivo - aveva fatto pensare ad un attentatore suicida. L'ipotesi sarebbe stata poi esclusa da accertamenti successivi. I feriti sono stati accompagnati subito in ospedali del Sinai: i più gravi sono stati ricoverati a Sharm el Sheikh, mentre il ministro della Sanità ha poi annunciato che in caso di necessità erano stati predisposti voli urgenti per trasportarli verso ospedali più attrezzati, anche in Paesi vicini. Il grave attentato ha portato, per la prima volta dalla firma del trattato di pace tra Egitto ed Israele del 1978, alla decisione dei due governi di chiudere la frontiera di Taba. Sono stati anche rafforzati i posti di blocco di polizia ed esercito su tutte le strade del Sinai, mentre elicotteri sorvolano aree sensibili nel sud della penisola. Non ci sono state finora rivendicazioni dell'attacco, ma fonti della sicurezza non escludono sia da attribuire alle stesse forze che hanno già compiuto numerosi attentati a caserme della polizia in varie parti del Paese, anche al Cairo e nel Delta del Nilo, dopo la deposizione di Morsi. Intanto al Cairo si è svolta una nuova udienza del processo contro l'ex presidente ed altri 35 dirigenti della confraternita islamista, in carcere con l'accusa di spionaggio internazionale e responsabilità nell'omicidio di manifestanti contro il suo regime. Tra i gruppi sospettati di aver compiuto l'attentato è anche quello di Ansar Beit el Maqdis (Partigiani di Gerusalemme), che si ritiene affiliato ad Al Qaida e che ha rivendicato la maggior parte degli attacchi dinamitardi compiuti nei mesi scorsi (soprattutto a dicembre e gennaio) al Cairo, a Mansoura (Delta del Nilo), e nel nord del Sinai contro comandi della polizia, con la morte di oltre un centinaio di poliziotti. Degli attentati sono stati accusati i Fratelli Musulmani, che hanno negato qualsiasi responsabilità e che sono però nel mirino dell'attuale governo egiziano, insediato dai militari in attesa di nuove elezioni presidenziali e parlamentari. Il candidato alla presidenza che raccoglie il maggior consenso tra gli egiziani è attualmente il comandante in capo dell'esercito, il generale Abdel Fattah el Sisi, promosso maresciallo dal presidente ad interim, Adly Mansour, e che era diventato capo dei militari per volere di Morsi subito dopo la sua elezione.