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Gran Bretagna. Il doppio no: i giudici "staccano" la spina

Angela Napoletano sabato 9 gennaio 2021

Due sentenze di morte per sospensione dei trattamenti vitali, ieri, nel Regno Unito, a distanza di poche ore una dall’altra. Per l’uomo di mezza età, polacco, in stato vegetativo all’ospedale di Plymonth, condannato «nel suo migliore interesse» a morire senza aria, cibo e acqua, non c’è (quasi) più nulla da fare: il sondino che lo teneva in vita è stato staccato giovedì, in tarda serata, appena la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha respinto il ricorso con cui la famiglia di origine, supportata dal governo polacco, ha tentato di ribaltare il verdetto del tribunale di Protezione, emesso con il consenso della moglie, e di ottenere il suo trasferimento da Londra a Varsavia.

Poco dopo, in mattinata, l’Alta Corte britannica ha autorizzato lo spegnimento del ventilatore che tiene in vita la piccola Pippa Knight, anche lei in stato vegetativo ma di soli cinque anni. Per la bimba, forse, c’è ancora una speranza. La madre, Paula Parfitt, ha annunciato un ricorso alla Corte d’appello e questo interromperà la procedura in attesa del pronunciamento dei giudici.
Come Charlie Gard e Alfie Evans, i casi più noti di interruzione delle cure per sentenza, Pippa Knight è una bambina, residente a Strood nel Kent, entrata in stato vegetativo due anni fa a causa di una rara malattia neurologica chiamata encefalopatia necrotizzante acuta. I medici dell’ospedale che la tengono in cura, l’Evelina Children Hospital di Londra, ritengono che la piccola non abbia alcuna speranza di miglioramento e che pertanto sia nel «suo migliore interesse» farla morire privandola della ventilazione artificiale.

Ferma è l’opposizione della madre, Paula Parfitt, 41 anni, vedova, che per la figlia chiede una tracheotomia e apparecchiature portatili per la respirazione da poter utilizzare a casa, dove la bambina potrebbe continuare ad essere assistita. Il giudice Nigel Pool ha tuttavia stabilito che «la responsabilità della decisione sul caso è della Corte», non dei genitori, e che i trattamenti vitali a cui la piccola paziente è sottoposta devono essere interrotti.

Privato di cibo e acqua da giovedì sera, l’uomo polacco, in stato vegetativo all’ospedale inglese di Plymonth, potrebbe morire nel giro di pochi giorni. Il pronunciamento con cui Yonko Grozevi, magistrato della Corte Europea per i diritti dell’uomo, ha bollato come «inammissibile» il ricorso della famiglia di origine dell’uomo, cattolica, ha ridotto quasi a zero le possibilità che R.S., queste le iniziali del suo nome, possa continuare a vivere. L’associazione Christian Concern che assiste la famiglia polacca nella controversia ritiene che il «no» del giudice Grozevi, oltre a mancare di «motivazioni sostanziali», rischi di inasprire lo scontro tra Londra e Varsavia considerata la determinazione con cui il governo polacco ha già chiesto a quello britannico di cooperare per agevolare il rimpatrio di un concittadino in stato vegetativo.

Il sondino che lo idratava e alimentava, va ricordato, gli era stato già tolto una prima volta il 24 dicembre ma è stato poi ripristinato quando la Polonia si è schierata a favore del «diritto alla vita» di R.S. reclamato da madre, sorelle e nipoti, a Varsavia, non da moglie e figli, nel Regno Unito, rassegnati invece a lasciarlo andare.