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L'analisi. Torna arma suicidio nella guerra all'ultimo sangue dei peshmerga

lunedì 6 ottobre 2014
​Ben addestrate e senza paura: passa dalla prima linea dei fronti di guerra la riscossa, nazionalista e di genere, delle combattenti curde, pronte da sempre anche alla scelta estrema del terrorismo kamikaze nelle file del Pkk anti turco, come in quelle dei peshmerga, che tentano di resistere all'avanzata dell'Isis nel Kurdistan iracheno.      L'attentatrice suicida che ieri si è fatta esplodere contro una postazione del Califfato islamico nei pressi di Kobane è solo l'ultima delle molte che preferiscono la via delle armi al destino di diventare spose bambine. O magari al rischio dello stupro etnico. E che ora hanno come obiettivo primo i jhadisti neri di al Baghdadi che del Kurdistan e del suo petrolio stanno cercando di diventare padroni. Era il 12 settembre, una ventina di giorni fa, quando sulle montagne del Kurdistan moriva combattendo Avesta, 24 anni, capo di una unità di uomini e donne impegnata in un'operazione congiunta Pkk-peshmerga per la riconquista di un villaggio vicino Makhmour. È stata colpita al collo da un proiettile sparato da un miliziano dell'Isis e nonostante il tentativo di trasportarla in un'ospedale non ce l'ha fatta.  Ed era turca di origine curda, proveniente dalla Palestina, Fatam Yokumer, che il 21 maggio 2013 si è fatta saltare in aria nel Crocodile cafè di Ankara facendo strage. Si è parlato invece di un regolamento di conti interno per l'assassinio a Parigi, nel gennaio 2013, di Sabine Cansiz, tra le fondatrici del Pkk di Abdullah Ocalan. Nel marzo 2012 quindici "terroriste" curde furono invece uccise in scontri con le forze di sicurezza nella provincia di Bitlis, nell'est della Turchia. E all'attivo di una kamikaze è anche l'attentato dell'ottobre del 2011 nel centro di Bingol (est della Turchia) nei pressi della sede dell'Akp dell'allora premier Recep Tayyip Erdogan.    Sono solo alcuni dei casi nei quali il coraggio, la sete di vendetta o la disperazione delle curde sono finiti sotto i riflettori, presto spenti, dei media internazionali. Nessuno del resto sa quante siano in totale le combattenti donne, nelle terre curde frantumate e devastate a cavallo tra Iraq, Siria e Turchia. Qualche dato in più si conosce invece sulle militanti del Pkk: quasi il 20%. E in una quindicina d'anni oltre la metà degli attentati di matrice curda anti-turca è stata compiuta da donne votate al martirio.