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La chiusura. Da Calais all'Ungheria, l'Europa dei muri

Daniele Zappalà mercoledì 8 luglio 2015
Dopo il sogno di abbattere i vecchi muri “della vergogna”, l’Europa torna a sperimentare barriere ed aree d’isolamento per migranti, dalla Manica all’Ungheria, ricorrendo a strutture metalliche o pianificando veri e propri argini murari. Ieri, il varo presso il Parlamento ungherese del progetto di un muro alto 4 metri lungo ben 175 chilometri di frontiera con la Serbia è giunto in corrispondenza di nuove ore di caos e lutto a Calais presso l’ingresso dell’Eurotunnel franco-britannico, dove un migrante è morto in circostanze poco chiare durante l’ennesimo tentativo disperato di traversata clandestina. Era riuscito a salire su una navetta merci diretta in Gran Bretagna, secondo la versione estremamente frammentaria fornita dalla società Eurotunnel. In quest’altra strettoia europea di transito, le autorità francesi e britanniche hanno deciso lo scorso settembre di erigere nuove barriere dal fosco valore simbolico.  Il dramma di Calais ha preso la scia di giorni d’agitazione e altre incursioni disperate nell’area costiera del capoluogo settentrionale francese, dove la Manica è osservata quotidianamente con un sospiro dalle circa 3mila anime ammassate nella “giungla”. È questo il controverso nome corrente dato alla folla d’accampamenti di fortuna popolati da migranti e profughi d’origine soprattutto africana (eritrei, etiopi, sudanesi, egiziani) e asiatica (siriani e afgani), esposti all’insicurezza e spesso privi di facili accessi all’acqua. Nella notte fra venerdì e sabato scorso, circa 150 di loro avevano cercato d’irrompere a più riprese in una sezione del tunnel. E negli ultimi giorni, a singhiozzo, sono proseguiti i blitz e le reazioni per bloccarli, con ricadute anche sulla circolazione di treni ed auto, com’è avvenuto pure ieri. Per prevenire nuove incursioni, un accordo franco-britannico siglato a settembre prevede di rafforzare le recinzioni esistenti nell’area portuale e di costruire una nuova barriera lungo la principale strada d’accesso.  Una logica simile ha spinto ieri una maggioranza di 151 parlamentari ungheresi (contro 41 contrari) ad approvare il progetto del nuovo muro alla frontiera con la Serbia, giustificato in questi termini da Sandor Pinter, ministro dell’Interno nel governo del premier conservatore Viktor Orban: «L’Ungheria deve affrontare la più grande ondata di migranti della sua storia. La sua capacità di accoglienza è superata del 130%». In proposito, secondo una stima ufficiale, il Paese è stato raggiunto quest’anno da 67mila migranti e rifugiati. Inoltre, nel quadro di una più ampia revisione delle regole interne sull’immigrazione, l’Ungheria ha varato pure misure più restrittive sul diritto d’asilo. Saranno cancellate automaticamente le richieste dei migranti che lasceranno per oltre 48 ore senza autorizzazione la residenza designata dalle autorità ungheresi. Un’opzione criticata subito dall’Onu.  Sempre ieri, nell’Egeo, fra le isole greche di Farmakonisi e Agathonisi, non lontano dalla costa turca, sono scattate le drammatiche operazioni di soccorso in mare di decine di migranti che occupavano un natante naufragato. Le autorità hanno segnalato almeno 17 dispersi.