Mondo

Il rapporto 2023. Cristiani che rischiano per la loro fede, nel mondo sono 360 milioni

Lucia Capuzzi mercoledì 18 gennaio 2023

Il crocifisso della Cattedrale di Managua, in Nicaragua, calcinato dal fuoco in seguito a un attentato nel luglio del 2020

Nostra Signora dell’Assunzione è un cumulo di macerie carbonizzate. La chiesetta di Chan Thar, costruita dai missionari cattolici nel 1894, è stata rasa al suolo dalle forze armate al potere da quasi due anni in Myanmar che “puniscono” la Chiesa per la sua difesa dei diritti umani e civili nel Paese. È solo l’ultimo, tragico esempio di una persecuzione che dilaga, a macchia di leopardo, nel pianeta, nei confronti dei cristiani. Modalità, dinamiche e obiettivi variano da contesto a contesto. Per questo, spesso, il quadro complessivo sfugge agli osservatori.

Il minimo comune denominatore è, però, l’accanimento nei confronti di chi cerca di seguire il Vangelo. A tracciare una mappa complessiva del fenomeno è l’ultimo rapporto di Porte aperte/Open doors, organizzazione che, da tre decenni, monitora la situazione dei battezzati nel mondo.

L’anno appena trascorso è stato il peggiore per i fedeli. Il numero assoluto di quanti soffrono gravi forme di discriminazione e abusi non è cambiato: 360 milioni ovvero un cristiano su sette. A crescere, però, è il punteggio degli indicatori nei cinquanta Paesi a rischio. Al primo posto nella World watch list 2023, c’è, di nuovo, la Corea del Nord, a causa della “legge contro il pensiero reazionario” che ha portato a un aumento degli arresti e delle chiusure di chiese. Pyongyang, nel precedente studio, era stata sostituita dall’Afghanistan.

Quest’ultima nazione è scesa al nono posto. Non si tratta, però, di una notizia positiva. Il calo è dovuto al fatto che gran parte dei cristiani presenti è fuggita. Tra loro Nasiry, protagonista di “Figlio di una serva”, libro di Cristian Nani, pubblicato da Porte Aperte. Il profugo è stato intervistato dall’autore in un luogo segreto per ovvie ragioni di sicurezza. La conversione dall’islam a un altro credo è punita con la morte.

La piccola comunità cristiana d’Afghanistan, dunque, vive clandestina. Una Chiesa primitiva, con liturgie scarne e costretta a esprimere la fede nell’ombra. La minaccia e la violenza dei taleban non sono riuscite comunque a impedire alla minoranza di crescere.

.

A preoccupare Open doors/Porte aperte è, però, soprattutto l’Africa sub-sahariana dove l’oppressione ha raggiunto un’intensità senza precedenti.

Lo abbiamo visto nei giorni scorsi: domenica, nel giro di ventiquattro ore un sacerdote è stato arso vivo in Nord Kivu, nell’Est del Congo, e una bomba ha massacrato 14 persone in una chiesa pentecostale in Nigeria. Papa Francesco ha voluto esprimere il proprio dolore per le vittime innocenti e ha espresso «compassione e vicinanza a tutte le famiglie fortemente colpite da questo dramma», si legge nel telegramma inviato.

Il Pontefice, che fra due settimane si recherà proprio in Congo e in Sud Sudan, ha implorato per il «dono della pace» per l’Africa dilaniata da conflitti dimenticati.

I cristiani sono colpiti due volte dalla guerra mondiale a pezzetti in corso, per parafrasare Francesco. Come il resto della popolazione, subiscono le conseguenze dell’instabilità politica e del continuo innalzamento della diseguaglianza. La loro azione a protezione dei più fragili a motivo del Vangelo, a loro volta, li porta ad essere discriminati o uccisi dai potenti di turno. In termini assoluti, le uccisioni di cristiani sono in lieve calo: 5.621 vittime rispetto alle 5.898 del 2022.

Diminuisce anche di oltre la metà la cifra delle chiese attaccate o chiuse: poco più di duemila, l’anno prima erano state oltre cinquemila. Cruciale, in questo senso, la riduzione in Cina: mille casi contro i precedenti 3mila. In drastico aumento, invece, i rapimenti dei fedeli, passati da 3.829 a 5.259. Di questi, quasi cinquemila si concentrano in tre nazioni: Nigeria, Mozambico e Congo. Sono decine di migliaia poi i cristiani aggrediti, quasi 30mila casi.

Solo in India, dove il governo del radicale indù Narendra Modi ha compresso i diritti degli esponenti delle altre fedi, in 1.750 sono stati arrestati senza processo. Alla vessazione aperta si somma una pressione strisciante, fatta di abusi quotidiani sul lavoro, a scuola, nei servizi. Episodi difficili da quantificare ma che hanno un forte impatto sulle comunità. Sono sempre di più i fedeli che, non reggendo la pressione, decidono di fuggire, trasformandosi in sfollati interni o profughi. Fenomeno particolarmente evidente in Medio Oriente ma anche nel Sahel a causa della violenza jihadista, in Iran e Myanmar.

Lo sfollamento è una strategia deliberata di persecuzione volta a cancellare la presenza cristiana in molti Paesi. Ancor più crudele la persecuzione nei confronti delle cristiane. Migliaia sono obbligate a matrimoni forzati o subiscono violenze sessuali. Il rapporto riesce a registrare appena una manciata di casi di quelli realmente esistenti: oltre 2mila stupri e 717 nozze obbligate. Troppo spesso, però, per ragioni culturali e sociali, questo tipo di abusi non viene denunciato. Per questo, Open doors/Porte aperte ha deciso di potenziare la ricerca sulla violenza di genere.