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Il caso. «Le T-shirt vendute in Europa finanziano l'Is»

Paolo M.Alfieri giovedì 24 settembre 2015
Il terrorismo dello Stato islamico (Is) si finanzia anche con le T-shirt comprate qui in Europa? Parrebbe di sì, almeno stando a uno studio pubblicato ieri da Le Monde, secondo cui parte della produzione dell’industria tessile siriana, in particolare di quella del cotone, alimenta proprio le casse dell’Is. A differenza di quanto si possa pensare, nonostante la violenza del conflitto in corso da anni nel Paese, la produzione di cotone non è del tutto scomparsa dalla Siria. Lo studio di Anne-Laure Linget Riau, esperta in approvvigionamenti internazionali nel settore del tessile e dell’abbigliamento, afferma che il 6 per cento delle importazioni di cotone in Turchia proviene da campi controllati al 90 per cento dai fondamentalisti islamici dell’Is. Ciò avrebbe portato nelle casse dell’organizzazione terroristica circa 150 milioni di dollari (pari a 135 milioni di euro) nel corso dell’ultimo anno. Gli industriali turchi negoziano quindi i prezzi al ribasso, tanto più che la provenienza di questa materia prima non è tracciabile.  Un quinto delle T-shirt fabbricate in Turchia vengono prodotte con cotone coltivato nel nord della Siria. Si calcola, per esempio, che l’1,2 per cento delle magliette vendute in Francia finanzino lo Stato islamico. «Nel 2010 la Siria era il decimo produttore mondiale di cotone, il terzo di cotone bio, quello che serviva a fabbricare, per esempio, le T-shirt del gruppo C&A», spiega l’esperta.  Anche se nel frattempo ha perso molte posizioni, Damasco continua comunque ad esportare vestiti. «Tutte le esportazioni ufficiali vengono controllate dal regime di Bashar al-Assad. Per motivi politici, la Germania, che per lungo tempo è stato il primo mercato per la Siria, ha smesso di importare. Per effetto di compensazione – ha fatto notare ancora  Le Monde  – la Francia è diventato il terzo mercato d’esportazione della Siria» dopo l’Italia e la Grecia.  Intanto secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus, vicino all’opposizione siriana), il bilancio di un anno di bombardamenti aerei della coalizione a guida americana è di 3.178 vittime tra i miliziani dell’Is, con 225 morti anche tra i civili. Anche 136 jihadisti del Fronte al-Nusra, la branca siriana di al-Qaeda, sono stati uccisi, così come 10 membri di un altro gruppo armato fondamentalista, l’Esercito della Sunnah. I civili uccisi vivevano per la maggior parte in aree dove sono situati pozzi petroliferi e raffinerie prese di mira, nelle province di Hasake, Deyr az Zor, Raqqa, Aleppo e Idlib. Tra le vittime si contano 65 bambini e ragazzi minorenni.  Secondo il Centro del Golfo per i diritti umani è morto invece in carcere per le torture subite Akram Raslan, noto e apprezzato vignettista siriano scomparso a ottobre 2012 nella provincia di Hama. Raslan, all’epoca 38enne, era stato arrestato dall’intelligence ed è morto poco dopo l’arresto. Dopo l’esplodere della rivolta contro il regime nel 2011, le sue opere erano diventate sempre più politiche e sempre più critiche nei confronti del regime. Disegnava spesso il presidente Bashar al-Assad, rappresentandolo come cinico e sanguinario, e aveva dedicato alcune sue vignette satiriche proprio alle torture nelle carceri del regime. i Hassaké: la tensione nel Paese resta altissima con continui scontri e capovolgimenti di fronte.