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I processi. Al via il Tribunale della pace in Colombia: il leader Farc chiede «perdono»

Lucia Capuzzi sabato 14 luglio 2018

Pablo Catatumbo, uno degli ex leader delle Farc, entra in trubunale a Bogotà (Ansa)

“Chiediamo perdono alle famiglie colombiane e straniere vittime delle nostre azioni. Faremo l’impossibile perché possano conoscere la verità su quanto accaduto. Ci assumeremo le nostre responsabilità, contribuiremo fin dove possibile alla riparazione e faremo di tutto poiché fatti simili non si ripetano”.

Con queste parole, Rodrigo Londoño alias Timochenko, leader dell’ex guerriglia delle Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia (Farc) – ora trasformata in partito politico -, ha aperto la prima udienza della Giustizia speciale per la pace (Jep), creata in base agli accordi dell’Avana per giudicare gli ex miliziani accusati di crimini contro l’umanità.

In particolare, il processo da ieri in corso a Bogotà riguarda la raffica di sequestri commessi dalle Farc tra il 1993 e il 2012. Almeno 8mila persone furono rapite in tale periodo, quaranta risultano desaparecidas.

Di tali delitti è imputato Timochenko insieme ad altri 31 comandanti dell’organizzazione. Solo in quattro, però, si sono presentati in tribunale. Oltre all’ex capo, c’erano Carlos Antonio Lozada e Pablo Catatumbo, che da marzo occupano uno dei dieci seggi in Parlamento garantiti in base all’intesa di pace, firmata nel 2016. Jesús Santrich, detenuto nel carcere de La Picota perché accusato di aver proseguito il traffico di cocaina verso gli Usa dopo la fine della guerra, si è collegato in video-conferenza. Gli altri 27 si sono fatti rappresentare dagli avvocati.

L’avvio dei lavori della Jep avviene in un momento delicato. Il presidente eletto, Iván Duque, in carica da agosto, ha promesso di “riformare” la giustizia speciale considerato troppo morbido nei confronti delle Farc. Quanti degli ex guerriglieri si dichiareranno colpevoli, chiederanno perdono e contribuiranno alla ricostruzione della verità riceveranno pene alternative al carcere e dirette a risarcire le vittime e la società, in base al sistema riparativo sperimentato con successo nel Sud Africa post-apartheid.