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LE REAZIONI. Clinton preme su Tripoli: «Aperte tutte le opzioni»

Paolo M. Alfieri martedì 1 marzo 2011
«Esploreremo ogni tipo di opzione possibile. Ma finché il governo libico continuerà a minacciare e ad uccidere i cittadini libici, nessuna opzione è esclusa». Il segretario di Stato americano Hillary Clinton – per la quale sostenere le rivolte arabe «non è una questione di ideali ma un imperativo strategico» – è netta al termine di una cruciale sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu a Ginevra nella quale la comunità internazionale ha cercato risposte alla violenza in Libia. «Gli Stati Uniti sostengono una transizione irreversibile e pacifica verso la democrazia», ha spiegato la Clinton intimando a Muammar Gheddafi di lasciare «senza ulteriori violenze o rinvii». Una presa di posizione ormai condivisa e fatta sua, tra gli altri, anche dal premier britannico David Cameron, il quale ha annunciato che la Gran Bretagna non esclude l’uso «di risorse militari».A Ginevra è arrivato un numero record di ministri degli Esteri. Per l’Italia era presente Franco Frattini: «Noi abbiamo in primo luogo confermato la necessità di una missione dell’Onu che svolga un indagine ispettiva in Libia, per raccogliere anche elementi che potrebbero essere preziosi per la Corte penale internazionale», ha sottolineato il titolare della Farnesina. Frattini ha anche citato il «forte impatto che la crisi libica potrebbe avere sulla Tunisia e sull’Egitto in termini socio-economici. Migranti e rifugiati – ha ricordato – stanno attraversando i confini per sfuggire alle violenze. «Siamo convinti che è estremamente importante porre fine alla violenza e iniziare a aprire un dialogo con la Libia, escludendo però il regime responsabile di così tante morti», ha detto ancora Frattini, secondo il quale «il regime libico non può più essere considerato un interlocutore legittimo».Sabato notte il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità sanzioni punitive e il deferimento alla Corte penale internazionale contro Gheddafi e i suoi accoliti e stabilito il blocco di tutti i loro beni all’estero, il divieto di viaggio e l’embargo di vendita di armi. Un voto per chiedere la fine immediata degli attacchi sui civili, che costituiscono «crimini contro l’umanità». La risoluzione fa riferimento all’articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, che non esclude un intervento internazionale, se necessario. Ieri anche l’Ue ha approvato all’unanimità la messa in atto della risoluzione Onu 1970 e una serie di sanzioni complementari contro Gheddafi e altre 25 persone tra suoi familiari ed alleati. Tra queste, il divieto di ingresso nei territori europei. La lista delle persone che subiranno il congelamento dei beni e il divieto di ingresso nell’Ue «è più lunga di quella delle Nazioni Unite», ha precisato una fonte.La Nato, peraltro, sta lavorando all’ipotesi di una no-fly zone che però necessiterebbe dell’avallo del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Per imporre una no-fly zone, è il parere del ministro degli Esteri britannico William Hague, è necessario «un forte sostegno internazionale e i mezzi per poterlo istituire».Washington, intanto, ha congelato beni libici per 30 miliardi di dollari. David Cohen, sottosegretario al Tesoro per la lotta al terrorismo, ha dichiarato che si tratta della più grande somma di denaro mai bloccata negli Stati Uniti. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha detto che l’esilio di Gheddafi «è una delle opzioni» per la soluzione della crisi libica, ma ha definito «un’illazione» la possibilità che gli Usa aiutino il colonnello in questa eventualità. Lo stesso colonnello, peraltro, da Tripoli ha escluso un suo esilio: «Chi lascia il proprio Paese?». Gheddafi ha inoltre invitato l’Onu ed altre organizzazioni internazionali ad organizzare una missione in Libia.