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Clima Cop21. Trump porta gli Usa fuori dagli accordi di Parigi. Leader mondiali delusi

Elena Molinari venerdì 2 giugno 2017

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato che gli Usa usciranno dall'accordo di Parigi sul clima (Ansa)

Irritazione e delusione sono le reazioni dei leader mondiali alla decisione di Trump di far uscire gli Stati Uniti dagli accordi del clima di Parigi. La premier britannica, Theresa May ha espresso la sua delusione in una telefonata, nelle notte, a Trump. Lo stesso ha fatto il premier canadese, Justin Trudeau, che ha definito la scelta «scoraggiante». Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker scrive su Twitter: «Profondamente deluso dalla decisione Usa, nonostante i nostri sforzi al G7». Il ministro delle Finanze giapponese, Taro Aso: «Non sono solo deluso, sono anche arrabbiato».

Gli Stati Uniti si ritireranno “completamente” dagli accordi di Parigi del 2015 e non rispetteranno la promessa riduzione delle emissioni inquinanti che provocano i cambiamenti climatici. Con un finale da reality tv, Donald Trump ha messo fine alla suspence che aveva creato ad arte nelle ultime settimane, rimandando più volte una decisione sull’intesa, e ha annunciato una svolta di 180 gradi rispetto alle politiche del suo predecessore, uno degli artefici della storica intesa per la protezione dell’ambiente. «L’accordo fu negoziato malamente e firmato per disperazione – ha detto il presidente – gli Usa sono leader nella produzione mondiale di energia e non hanno bisogno di un cattivo affare che danneggia i lavoratori americani ». Un obiettivo «irrealistico». Ma Trump ha deciso di rispettare le regole per sfilarsi dall’intesa, avviando un processo che si concluderebbe non prima del novembre 2020, a ridosso delle prossime elezioni. Un cambio alla Casa Bianca potrebbe far invertire di nuovo la rotta sulla lotta al surriscaldamento terrestre. Nel frattempo, però, ha detto Trump, gli Usa bloccheranno l’implementazione delle misure contenute nel Cop21. «È una rinuncia del futuro», ha commentato amaro Barack Obama, mentre il commissario Ue al clima, Cañete, ha «deplorato» la decisione che, per il presidente dell’Europarlamento Tajani, «danneggerà il pianeta». Gentiloni garantisce che non ci saranno «passi indietro» e in una dichiarazione congiunta con Merkel e Macron esprime rammarico per la scelta Usa. I tre affermano che «la spinta generata da Parigi nel 2015» è «irreversibile» e che «l’intesa non può essere rinegoziata».

Gli accordi sul clima sono stati raggiunti sotto l’egida Onu con l’obiettivo di limitare l’innalzamento della temperatura mondiale e Obama aveva fissato per gli Usa una riduzione delle emissioni tra il 26 e il 28% entro il 2025.

Il segnale politico verso un ritorno ai carburanti fossili è chiaro, segna una rivincita nella squadra del presidente per lo stratega Stephen Bannon, che dal giorno dell’insediamento di Trump lo spinge a voltare le spalle all’accordo, ratificato da 195 Paesi, e ad abbracciare un nazionalismo economico i cui primi passi sono stati l’estinzione del patto commerciale trans-pacifico e la promessa di rinegoziare il Nafta. A nulla sono valsi invece gli sforzi del segretario di Stato Rex Tillerson e dalla figlia del presidente, Ivanka (insieme al marito Jared Kushner) che premevano per un rispetto del protocollo sottoscritto da Barack Obama, con qualche modifica.

Anche se l’intesa resta formalmente in vigore, il voltafaccia Usa è destinato ad avere un effetto domino, avviando altri possibili ritiri, fra le economie emergenti come India, Filippine, Malesia e Indonesia che hanno appena avviato, a denti stretti, una riduzione dei gas ad effetto serra. E anche se la Cina, il più grande inquinatore al mondo («è aiutata dall’accordo», ha detto Trump), ha promesso che terrà fede alle promesse, il suo impegno difficilmente potrà sostituire la leadership americana. Gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo centrale nell’esigere una misurazione trasparente delle emissioni e hanno sollevato dubbi proprio sull’accuratezza del monitoraggio delle emissioni cinesi. Oggi Europa e Cina firmeranno una dichiarazione sulla lotta al cambiamento climatico che sottolinei una forte presa di posizione dopo la scelta Usa. «L’accordo di Parigi sul clima è essenziale », ha ribadito ieri anche la cancelliera tedesca Merkel.

Negli Stati Uniti la delusione per la scelta di Trump è forte. Proprio ieri i vescovi avevano chiesto al tycoon di non boicottare gli accordi di Parigi al fine di «mitigare i peggiori impatti del mutamento climatico» sul nostro pianeta. Citando l’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco, donata dal Pontefice a Trump nel loro incontro in Vaticano, Oscar Cantù, presidente del Comitato sulla giustizia e la pace internazionale della Conferenza episcopale americana, ha esortato il governo a continuare a seguire la linea intrapresa per «proteggere le nostre popolazioni e il nostro pianeta». Preoccupazione condivisa da Marcelo Sanchez Sorondo, presidente della pontificia accademia delle Scienze sociali che ha definito la decisione di Trump «un disastro per tutti».

«Il presidente ha parlato di clima nel colloquio con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano – ha detto –. In questo senso, lo smacco è grande». Ma i sostenitori di Trump negli Usa, in particolare i repubblicani degli Stati produttori di carbone, hanno applaudito alla mossa, celebrandola come un compimento di una promessa elettorale del loro candidato.