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Svolta ambientale. La svolta di Xi: dal 2017 la Cina cambia aria

Luca Miele venerdì 25 settembre 2015
L'abbraccio tra i due giganti, alla fine, è stato inevitabile. «Le relazioni tra i due Paesi hanno fatto progressi storici», ha detto l’ospite, il presidente cinese Xi Jinping, nella sua prima visita di Stato alla Casa Bianca. «Collaborazione» con tanto di «confronto franco sulle differenze», ha rimarcato il padrone di casa, l’americano Barack Obama. E i due giganti – sono essersi fiutati a distanza e guardati in cagnesco per molto tempo – possono sventolare i primi risultati di quella che è sembrata la prima prova generale di una leadership a due. La “svolta verde” – tema affrontato da papa Francesco nel colloquio con Obama e davanti all’Assemblea Onu – è il primo capitolo della «cooperazione» di cui ha parlato Xi. «Quando Cina e Stati Uniti lavorano insieme il mondo è più sicuro», gli ha fatto eco Obama che ha comunque auspicato maggiore «correttezza sul piano della competizione commerciale e più «rispetto» dei diritti umani. Ma anche gli altri dossier scottanti – isole contese e cyber-spionaggio – hanno trovato la loro “sistemazione”, almeno a livello di annunci. I due Paesi si sono impegnati a «non condurre e non sostenere cyber-furti» di segreti aziendali. Obama ha quindi annunciato l’avvio di «nuovi canali di comunicazione» per evitare «incomprensioni» e «errori di calcolo» tra le due forze militari nel Pacifico. È l’ambiente il “piatto forte”. Pechino varerà nel 2017 un programma per ridurre i gas serra e fisserà i prezzi per un sistema nazionale di compravendita dei diritti di emissione di CO2. La decisione, come ha anticipato il New York Times, fa parte dello sforzo «ambizioso» di Cina e Usa «di utilizzare il proprio ascendente internazionale per far fronte al cambiamento climatico ed esercitare pressione sulle altre nazioni affinché si uniformino». Il sistema che applicherà la Cina si chiama “cap-and-trade”: il governo fissa un limite alla quantità di emissioni inquinanti; nel caso non arrivino a quel limite, le aziende possono vendere i loro permessi di inquinamento, oppure in caso contrario acquistarli. Le aziende più inquinanti possono in questo modo continuare a inquinare più del permesso, purché il livello generale delle emissioni rimanga entro il limite fissato. Quella della svolta verde è il “tema” sul quale i due Paesi hanno maggiormente scommesso. In occasione della visita di Obama a Pechino, lo scorso novembre, la Cina si impegnò a raggiungere il livello massimo di emissioni nel 2030 per poi cominciare a ridurle; mentre gli Usa ridurranno le emissioni entro il 2025 tra il 26 e il 28 per cento rispetto ai livelli del 2005. Una scelta quasi obbligata. Perché la Cina rischia la catastrofe ambientale. Pechino è il primo responsabile al mondo per emissioni di anidride carbonica, “colpevole” di un terzo delle emissioni di gas a effetto serra del pianeta e nella poco invidiabile classifica delle venti città più inquinate al mondo – come riporta il Council on foreign relations – ne piazza ben sedici. Il consumo energetico del gigante asiatico è cresciuto del 130 per cento nel decennio che va dal 2000 al 2010. Nel gennaio 2013, Pechino ha dovuto fronteggiare un livello di inquinamento atmosferico così alto che i cinesi hanno parlato apertamente di «airpocalypse», apocalisse dell’aria. Secondo un studio del Global Burden of Disease, all’inquinamento atmosferico sono da attribuire 1,2 milioni di morti premature. Non sono mancati i segnali di inversione della rotta. Oggi la Cina è uno dei maggiori investitori in energie rinnovabili, con tanto di sorpasso ai danni degli Usa. Nonostante gli attriti, per gli analisti, i due giganti sono condannati all’amicizia. I motivi? Economici prima di tutti. Perché i destini delle due economie – la prima e la seconda al mondo – sono sempre più intrecciati. L’interscambio ha raggiunto quota 550 miliardi di dollari lo scorso anno, gli investimenti bilaterali sono schizzati a 120 miliardi di dollari. La Cina è il più grande creditore degli Stati Uniti, una “cassaforte” il cui valore è più della metà dell’intero Pil dell’India. Ogni 17 minuti c’è un volo che collega i due Paesi. Ci sono 490.000 studenti cinesi che studiano negli Stati Uniti. Oltre 2,09 milioni di americani hanno visitato la Cina, “cortesia” restituita da 2,18 milioni di cinesi.