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EGITTO AL BIVIO. Al Cairo si spara ancora Assalto all'hotel dei giornalisti

  giovedì 3 febbraio 2011
Sostenitori del presidente egiziano Hosni Mubarak hanno aperto oggi il fuoco sui manifestanti in piazza Tahrir al Cairo, dove gli scontri hanno causato sei morti e oltre 800 feriti in una nuova ondata di violenze. Gli scontri sono iniziati alle 4 ora locale (le 3 in Italia), ma la tv Al Arabiya ha fatto sapere che altri colpi d'arma da fuoco sono stati avvertiti anche nel primo pomeriggio.L'opposizione ha risposto agli attacchi rinnovando la richiesta che Mubarak lasci la guida del paese e anche i leader Ue hanno chiesto una rapida transizione verso un nuovo governo. Migliaia di oppositori del regime si sono barricati nella piazza centrale del Cairo, annunciando che resteranno fino a che il presidente non se ne andrà. Ma per la prima volta, oggi l'esercito è stato utilizzato per creare una zona cuscinetto di 80 metri tra oppositori e sostenitori del governo.Il nuovo primo ministro egiziano Ahmed Shafiq si è scusato per gli episodi di violenza nel centro del Cairo, che i manifestanti che chiedono le dimissioni del presidente Hosni Mubarak ritengono siano stati istigati proprio dal governo. "Come funzionari e come stato che deve proteggere i suoi figli, ho pensato fosse necessario per me scusarmi e dire che questa situazione non si ripeterà", ha detto il primo ministro ai giornalisti. Shafiq ha anche aggiunto di non sapere chi si celi dietro gli attacchi ma che il governo indagherà al riguardo. Il vicepresidente Omar Suleiman per tentare di calmare gli animi ha annunciato che nè Mubarak, né il figlio Gamal, l'erede designato, nè lui stesso si candideranno alle presidenziali. L'ex capo dei servizi segreti ha anche ordinato la scarcerazione di tutti i prigionieri politici. Suleiman, che ha ipotizzato di anticipare le elezioni ad agosto, ha quindi chiesto ai "giovani di lasciare piazza Tahrir perche le loro domande sono state accolte" tranne quella dell'uscita di scena del rais, perché, ha detto è una "incitazione al caos".Sostenitori di Mubarak hanno preso d'assalto alcuni hotel del Cairo alla caccia di giornalisti stranieri. Decine di persone hanno fatto irruzione nell'Hotel Hilton dando la caccia ai reporter. Tre giornalisti della tv polacca sono stati arrestati e ancora non si sa nulla del reporter del belga Le Soir fermato mercoledì. Si sono perse le tracce anche di Daniell Williams, di Humar Rights Watch, il marito della giornalista Lucia Annunziata. Sulla piazza l'esercito ha creato una zona-cuscinetto di 80 metri per separare le due fazioni e mantiene il controllo della situazione, dopo che nella notte la piazza si è trasformata di nuovo in campo di battaglia. E stavolta ai bastoni e alle pietre si sono aggiunte le bottiglie molotov e le armi da fuoco.Al tradizionale National Prayer Breakfast, un incontro di preghiera che a Washington vede riuniti rappresentanti di tutte le fedi, Obama ha introdotto il suo intervento sottolineando che lui prega affinchè "un giorno migliore sorga in Egitto".  "Siamo anche preoccupati per la violenza che vediamo in Medio Oriente - ha aggiunto -. Preghiamo che la violenza in Egitto abbia fine e i diritti e le aspirazioni del popolo egiziano possano essere realizzati. E che un giorno migliore sorga sull'Egitto e sul mondo intero".Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha parlato con Suleiman al telefono che gli ha riferito che il governo intende presentare un pacchetto di riforme da sottoporre a referendum, una Roadmap per garantire una transizione pacifica verso un nuovo assetto costituzionale. Nelle sue comunicazioni alla Camera, il titolare della Farnesina ha spiegato che finora sono 4.500 gli italiani rimpatriati dall'Egitto.LA CRONACA DI MERCOLEDI'Scorre il sangue in piazza Tahrir, la pacifica roccaforte del movimento d’opposizione che ieri è stata presa d’assalto dai sostenitori del regime. È stata una giornata tragica, con scene di guerra civile. La tensione si respira già in mattinata, quando migliaia di persone, al grido di «Naem Mubarak!» («sì Mubarak!»), marciano sul centro città innalzando i cartelli del raìs, riempiono la Corniche, il viale lungo il Nilo, ed invadono il ponte "6 ottobre". Me li trovo improvvisamente davanti all’uscita dell’hotel Hilton, a due passi dalla piazza occupata dai dimostranti anti-Mubarak. È lì che puntano con decisione, prendendo alla sprovvista coloro che sono rimasti a presidiarla dopo la manifestazione oceanica di martedì.S’accendono discussioni animate, qualcuno incomincia a tirare calci e pugni ed i tafferugli ben presto degenerano in scontri violenti. Uomini a cavallo e a dorso di cammello, armati di spranghe e bastoni, fanno irruzione sulla piazza costeggiando le mura rosate del Museo Egizio e seminando il panico. Decine di persone, colpite brutalmente, restano a terra. Subito dopo scoppiano fitte sassaiole tra le due fazioni che si trovano a distanza ravvicinata, separati da alcuni camion vuoti che vengono usati come riparo. Tutto questo avviene sotto gli occhi dei militari rimasti per lunghe ore spettatori passivi, chiusi dentro i loro carri armati. Non reagiscono neppure quando le pietre scagliate dall’una e dall’altra parte rimbalzano sulla blindatura dei mezzi corazzati. Si limitano a sparare qualche colpo in aria nel tentativo di disperdere la folla. I fan di Mubarak salgono sui tetti dei palazzi adiacenti, da dove scagliano massi di cemento sulla folla che presidia la piazza. Non si lanciano più solo pietre ma anche bottiglie molotov che provocano un incendio nel Museo Egizio. Solo allora intervengono unità dell’esercito con gli idranti per domare le fiamme e placare gli animi. Nel mirino finiscono anche i giornalisti stranieri, accusati di essere simpatizzati dei rivoltosi anti-Mubarak. Insulti e botte a varie troupes televisive, al-Arabya ha denunciato il sequestro di un suo reporter. La battaglia tra le due opposte fazioni va avanti fino a sera, sempre più furiosa e cruenta. Ci sono tantissimi feriti, stesi su barelle improvvisate o in fuga con la testa rotta e sanguinante. Oltre 1.500, secondo i dati forniti dal neo-ministro della Sanità, mentre ci sarebbero almeno 10 morti, tra cui un giovane soldato di leva.«L’attacco è stato guidato da agenti in borghese dei servizi di sicurezza», denunciano gli attivisti dell’opposizione che sono riusciti a mantenere il controllo di piazza Tahrir ma si trovano in difficoltà dopo le ultime mosse di Mubarak. Ferito ma non domo, il vecchio leone ha tirato fuori gli artigli. Dapprima l’annuncio in tv («resto al potere fino alle prossime elezioni ma non mi ricandiderò»), quindi la discesa in campo dei suoi sostenitori e l’assalto al luogo-simbolo della rivolta. «Una folla in affitto» l’ha definita l’ex vice-segretario di Stato americano Jamie Rubin, secondo cui «i sostenitori di Mubarak sono stati assunti per creare instabilità». Anche El Baradei, a nome dei partiti d’opposizione, ha accusato il raìs di aver messo in atto «una strategia del terrore» ed ha chiesto di nuovo le immediate dimissioni del presidente.«Non se ne parla nemmeno». La scritta, a caratteri cubitali, è ben visibile in piazza Mustafà Mahmud, nel quartiere borghese di El Mohandiseen sull’altra riva del Nilo rispetto a piazza Tahrir. A prima vista sembra tutto uguale: folla variopinta, canti e slogan, bandiere nazionali. Ma è tutto il contrario. «Mubarak non te ne andare!», invocano migliaia di egiziani inneggianti al presidente-Faraone. Ci sono tante donne, tutte col velo, e uomini maturi che temono di perdere il piccolo benessere garantito loro dal raìs. In gran parte sono dipendenti pubblici, scesi in piazza su comando. Ce lo conferma un’insegnante, Maria Taha, che insieme ai suoi colleghi è stata «caldamente invitata» a prendere parte alle manifestazioni pro-Mubarak. Molti però l’hanno fatto con convinzione, come Abdel Haman, anziano ex ufficiale dell’esercito, che ci mostra una vecchia foto di Mubarak del ’73. «È l’eroe d’ottobre (in riferimento alla guerra d’Egitto contro Israele), noi lo amiamo!» dice commosso.E qui ci sono anche i poliziotti che sembravano spariti dalla città dopo la brutale repressione di venerdì scorso. Vengono applauditi dalla folla cui rispondono con grandi sorrisi innalzando le dita a V in segno di vittoria. «Quelli là (i dimostranti anti-Mubarak, ndr) hanno fatto la marcia di un milione? Noi siamo 80 milioni, il Paese è con il suo presidente», dicono i sostenitori del raìs. «Il presidente ha già concesso molto nel suo discorso in tv, la gente che è scesa in piazza a protestare adesso dovrebbe smetterla. Abbiamo bisogno di tranquillità e stabilità», è l’opinione che raccogliamo dalle labbra di padre Yusif, arciprete copto del quartiere.Ritorno alla normalità, è questa la parola d’ordine lanciata dall’alto e ripetuta con insistenza da radio e tv. Il coprifuoco è stato ridotto di due ore, molti negozi sono stati riaperti, da ieri funzionano i bancomat ed anche Internet, e non c’è penuria di generi alimentari anche se tutto costa più del doppio. D’improvviso lo scenario è cambiato, Mubarak appare più saldo al potere rispetto a qualche giorno fa, mentre l’esercito invita i dimostranti a porre fine alla protesta ed a sgomberare la piazza. Stessa cosa fa il vice presidente Omar Suleiman, per il quale il «dialogo con le forze politiche dipende dalla fine delle proteste». L’Egitto è ad un bivio drammatico. Luigi Geninazzi