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L'intesa. Calma ad esultare, siamo inglesi

Fabio Carminati venerdì 8 dicembre 2017

«Niente accordo, siamo inglesi». Così, nei corridoi dell'Unione a Bruxelles, si scherzava sulle possibilità dell'intesa preventiva tra Londra e la Ue per sbloccare i colloqui veri e propri sulla Brexit. Alla fine il via libera però c'è stato e ora, come ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk «è giunto il momento di iniziare i negoziati sul periodo di transizione» per la Brexit. Un «progresso sufficiente» affinché al Consiglio europeo della prossima settimana i 27 diano il loro consenso alla “fase due” del negoziato. Quella che mostrerà veramente a tutti fino a che punto il livello dello scontro sarà portato. Per due anni la Gran Bretagna resterà membro dell'Unione doganale e del mercato interno, ma «questo alle nostre condizioni», come ha ricordato Tusk poco dopo l'incontro che ha portato all'alba a Bruxelles un'assonnata Theresa May.
Sui commerci il nodo da sciogliere è molto più intricato di quello delle garanzie dei cittadini Ue o dei confini tra Irlanda e Ulster che, almeno a priori, sono stati superati. Sui commerci l'Europa non vuole cedere, mentre Londra resta convinta che il suo potere economico e finanziario alla fine porterà alla creazione di uno "status speciale" anche dopo la fine del matrimonio con l'Unione. Il termine dell'ottobre del prossimo anno, su questo punto, per molti analisti è improponibile: troppi ostacoli separano il primo sì di oggi al vero sì della fine del prossimo anno per arrivare al marzo 2019 identificato da Theresa May come data della separazione.
Un altro ostacolo, altrettanto impervio, è costituito dal futuro di Theresa May. Che ha preso le redini del Paese all'indomani della vittoria del sì al referendum e della fine politica “indecorosa” di David Cameron. E che ora rischia di lasciarle dopo l'accordo. Già molti l'accusano di aver ceduto su tutti i fronti, i laburisti sono in attesa con il fucile spianato e il suo compagno di partito Boris Johnson ormai non nasconde più la sua ambizione. Tre rimpasti in pochi giorni nel governo hanno poi, ulteriormente, indebolito la leader dei conservatori. E i bookie hanno ulteriormente abbassato le quote della “Mayexit”.