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Terrorismo. Il «matrimonio del terrore» tra i figli di Benladen e Atta

Giorgio Ferrari martedì 7 agosto 2018

Hamza Benladen, l'erede dell'emiro del terrore di al-Qaeda (Ansa)

Difficile credere che sia accaduto per caso. Più probabile – sempre che lo scoop del “Guardian” si confermi veritiero – che quelle nozze facciano parte di una regia sapiente e lungimirante. Perché la sposa del ventinovenne Hamza (che di famiglia fa Benladen) altri non è che la figlia Mohammed Atta, quel Mohammed Atta che ricordiamo come lo stratega e capomanipolo dell’assalto alle Twin Towers, al Pentagono e del tentativo fallito alla Casa Bianca dell’11 settembre 2001. Intendiamoci, dai templi biblici i legami di clan, le proprietà, gli armenti, le alleanze tribali vengono sanciti e regolati da nozze opportune.
Lo stesso entourage dei Benladen aveva già stretto dei vincoli matrimoniali con l’alta dirigenza di al-Qaeda (un figlio di Osama, Mohammed, sposò la figlia del terrorista egiziano e capo militare dell’organizzazione Atef al-Masri). Egiziano come il “dottor” al-Zawahiri, numero uno di al-Qaeda dopo la morte dello sceicco. Formalmente, il clan dei Benladen ha preso le distanze dal figlio di Osama.

«Se Hamza fosse davanti a me – ha confidato sua madre – gli direi: pensaci due volte prima di ripercorrere i passi di tuo padre. Stai entrando in zone orribili della tua anima». Che spiegazioni possiamo dunque dare a queste “nozze del terrore” tra il figlio di Khairiah Sabar, terza moglie dello sceicco che organizzò l’attentato alle Torri Gemelle, e la figlia dell’uomo che dirottò il volo American Airlines 11 e lo portò a schiantarsi contro la Torre Nord del World Trade Center? Almeno due. La prima, una scalata ai vertici di al-Qaeda da parte di un erede ambizioso e desideroso di proseguire lo scontro mortale con l’Occidente, con un matrimonio che da solo vale un proclama di guerra. La seconda, la sete di vendetta; ma attenzione: non solo nei confronti dell’America che scovò e uccise Osama il 2 maggio 2011 ad Abbottabat in Pakistan, ma anche nei confronti di al-Zawahiri. Già, perché da sempre l’ombra del “dottore” si allunga sulla morte di Osama: sono in molti a ritenere che sia stato lui, l’attuale numero 1 di al-Qaeda, ad aver consentito alla squadra d’élite dei Navy seals statunitensi di individuarlo nel suo nascondiglio. L’improvvisa rivitalizzazione di al-Qaeda non deve stupire: la sconfitta militare del Daesh, conclusa l’utopia di un califfato mediorientale, lascia profonde zone di incertezza fra i militanti.
Un varco che il giovane Benladen sta provando a colmare scalando i vertici di al-Qaeda. Complice un nome di famiglia che da solo è già un brand riconosciuto nel mercato del terrore.