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Strage. Bangladesh, 20 milioni in ostaggio dell'arsenico

STEFANO VECCHIA domenica 10 aprile 2016
Ogni giorno, uccide 117 abitanti del Bangladesh, per un totale di 43mila all’anno. È una strage silenziosa e invisibile all’opinione pubblica, nazionale e internazionale, quella perpetrata dall’arsenico nel Paese. Eppure mette in pericolo la vita di un ottavo della popolazione totale, circa 20 milioni di persone. secondo un recente rapporto di Human Right Watch. Il fenomeno non è nuovo: sono trascorsi dieci anni dalla scoperta dei primi casi di “avvelenamento” di acqua e suolo. Le autorità, però, hanno finora mancato di affrontarlo con impegno. Le radici del problema affondano negli anni Settanta del XX secolo, sulla spinta di uno sviluppo rurale necessario, insieme, a migliorare le condizioni di reddito e di benessere della popolazione e fornire alla nazione una base produttiva e economica che lo allontanasse dalla dipendenza dagli aiuti internazionali. A questo scopo vennero scavati milioni di pozzi superficiali, ignorando che il suolo era fortemente inquinato da arsenico. Una volta individuato il pericolo, però, non vi è stato un intervento adeguato e la situazione, come ricorda Richard Pearshouse, ricercatore di Human RightsWatch «è oggi poco migliore rispetto a 15 anni fa». Poco sembrano avere influito sulla sicurezza degli abitanti trivellazioni più profonde per arrivare a falde sottostanti i terreni inquinati da arsenico. «Il Bangladesh non sta attuando le misure più ovvie per tenere l’arsenico lontano dall’acqua utilizzata da milioni di poveri rurali e la ragione di questa grande tragedia resta la mancanza di attenzione delle autorità». Una visione confermata dall’Organizzazione mondiale della Sanità che ha definito quello ancora in corso «il maggior inquinamento di massa della storia». In parte ignorato anche per la particolarità dell’esposizione all’arsenico, che provoca una serie di patologie potenzialmente imputabili a altri fattori: tumori del fegato, della cistifellea e della pelle, oltre che ma-lattie cardiache. Condizioni che sovente hanno un ruolo in statistiche di difficile compilazione in un contesto che costringe molti ammalati a non rivolgersi alle strutture sanitarie. «Quello da arsenico – ricorda Tariqul Islam, ricercatore dell’Università di Chicago che ha esaminato migliaia di casi – è un avvelenamento graduale che espone a una serie di conseguenze anche letali prima di manifestar- si». Pesanti anche le conseguenze in gravidanza, per la possibilità di aborti spontanei, e sui bambini, che presentano un insufficiente peso corporeo e uno sviluppo intellettivo rallentato. Per Hrw, la situazione richiede una reazione forte e tempestiva sia da parte del governo, sia dei donatori internazionali a un intervento rapido e massiccio per prevenire la morte di milioni di individui nei prossimi decenni. Serve però anche un cambio di rotta della classe politica. Non a caso, forse, il 50 per cento dei pozzi sono costruiti per decisione dei singoli parlamentari che stabiliscono luogo e caratteristiche del trivellamento. E, non a caso, nemmeno l’installazione di 210mila nuovi pozzi profondi dal 2003 e i test su quelli già esistenti hanno contribuito a risolvere il problema. Da qui la denuncia dell’organizzazione per i diritti umani che nel rapporto appena diffuso ha ricordato come quella mirata al contenimento dell’inquinamento da arsenico sia un’azione «in cui singoli parlamentari hanno la possibilità di indirizzare i pozzi migliori a comunità loro favorevoli invece di distribuirli in aree maggiormente colpite dalla contaminazione».