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Strumenti. È in libreria l'«Atlante 2019 geopolitico del Mediterraneo»

Angelo Picariello lunedì 21 ottobre 2019

È disponibile da qualche giorno in libreria l'Atlante 2019 geopolitico del Mediterraneo. Promosso dall'istituto di studi politici San Pio V per le edizioni Bordeaux, curato da Francesco Anghelone (docente di storia d'Europa alla Sapienza e coordinatore dell'area ricerca dell'istituto) e da Andrea Ungari (docente di storia contemporanea all'ateneo Guglielmo Marconi) si avvale della consulenza del Centro studi internazionali. Diviso in undici schede, una per ogni Paese del Mediterraneo, costituisce uno strumento agile da consultare, utile da tenere sulla scrivania, non solo per gli addetti ai lavori, ma per chiunque sia interessato a capire più in profondità la realtà sociale, militare e geopolitica che c'è dietro ai mutamenti e alle crisi in atto che fatalmente riversano verso le nostre costei “costi umani” di questi conflitti.

Presentato a Roma alla libreria Feltrinelli di via Vittorio Emanuele Orlando (alla presenza del presidente dell'istituto San Pio V, il sociologo Paolo De Nardis, del presidente del CeSI, l'analista militare Andrea Margelletti, e del direttore della rivista Formiche Roberto Arditti), già in questi pochi giorni risulta di aiuto per approfondire alcuni eventi venuti improvvisamente alla ribalta della cronaca. Interessante ad esempio nella scheda dedicata alla complessa crisi libica, curata dall'analista del CeSI Lorenzo Marinone, il riferimento alla complessa figura di Abd al-Rahman al-Milad, soprannominato “al-Bija” (al centro di un caso politico diplomatico sollevato da un'inchiesta del nostro giornale) che viene alla luce in tutta la sua ambiguità: «Confermato da Serraj come capo della Guardia costiera di Zawiya, ma indicato dalle Nazioni Unite, lo scorso giugno, come uno dei più importanti gestori del traffico di migranti e di centri di detenzione illegali della Tripolitania». Balzato alla ribalta nel 2011 – si ricorda - come uno dei capi della rivolta contro Gheddafi, per conto della tribù degli Awlad Bu Hmeira, con la quale ha messo su una milizia che gli ha permesso di assumere il controllo prima della raffineria di Zawiya e poi anche del porto, fino ad assumere, come detto, alla caduta del Rais, la guida della Guarda Costiera. Una vicenda che già da sola è in grado di evidenziare quanto poco o nulla sia affidabile l'interlocuzione sulla politica dei migranti con le autorità portuali e costiere libiche, alle quali – per di più – è stata proprio l'Italia a fornire motovedette e altre attrezzature (formazione compresa), non di rado usate contro gli interessi italiani e contro gli stessi pescatori italiani, persino presi sotto sequestro, come portato alla luce da un'altra inchiesta del nostro giornale, riguardante la difficile situazione dei pescatori di Mazara del Vallo costretti ormai a evitare le acque internazionali al largo della Libia.

Altro dossier scottante, la Siria. L'Atlante anticipa con un'analisi documentata e premonitrice il contesto che nel giro di poco tempo sarebbe precipitato in vero e proprio conflitto/aggressione da parte della Turchia contro gli insediamenti curdi posti al suo confine Sud. Il Partito dei lavoratori del Kurdistan (il Pkk) «dopo essere stato espulso dai centri urbani del Sud-est anatolico nel 2016 si è trovato sempre più sulla difensiva». E se da un lato «continua a mantenere le tradizionali roccaforti delle aree montuose... la nuova strategia messa in campo dal governo turco ha messo seriamente a repentaglio l'operatività dell'insorgenza curda». Tutte le operazioni militari degli anni scorsi confermano quanto «il dossier curdo continui a costituire la massima priorità per la politica estera turca». In quanto «Ankara è apparsa sempre più preoccupata dalle conseguenze interne dell'eventuale affermazione di una entità curda autonoma o addirittura indipendente a ridosso dei propri confini, soprattutto nel nord-est della Siria». E in questo senso va letta anche «la costante attenzione nel migliorare il rapporto con la Russia». Il resto è storia di questi giorni, il ritiro della già esile presenza americana nell'area, accompagnato da una pubblica dichiarazione di disinteresse,è bastato ad accendere la miccia dell'offensiva armata turca nel Nord della Siria.