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La svolta. L'Arabia Saudita abolisce la fustigazione dei condannati

Redazione Esteri sabato 25 aprile 2020

L'Arabia Saudita ha abolito la pena attraverso la flagellazione. Lo ha annunciato la Corte Suprema, segnalando che è l'ultimo di una serie di «progressi in fatto di diritti umani» fatti dal re e dal suo potente figlio, il principe Mohammed bin Salman. In Arabia Saudita, quando i giudici decidevano le fustigazioni, ai condannati potevano essere inflitte anche centinaia di frustate; e i giudici potevano ordinarle per una serie di altri reati, dal sesso al di fuori del matrimonio all'omicidio. Ma nell'iper-conservatore regno wahabita, è il dissenso che viene represso con il pugno di ferro.
Il caso più clamoroso quello del blogger Raif Badawi, inviso al regime e che nel 2014 è stato condannato a 10 anni di prigione e mille frustate, buona parte delle quali gli furono anche assestate, seppure in maniera scaglionata.Secondo la Corte Suprema, la riforma punta ad «allineare il regno alle norme internazionali sui diritti umani contro le punizioni corporali».
La notizia dell'abolizione arriva dopo che l'Arabia Saudita è tornata sotto i riflettori perché, secondo il rapporto sulla pena di morte di Amnesty International, è tra i Paesi in cui il boia non si è fermato nel 2019; e dopo la notizia della morte in carcere di Abullah al-Hamid, 69 anni, attivista e professore universitario, membro di un'associazione per i diritti umani che chiedeva una monarchia costituzionale nel Paese.
Al-Hamid era stato arrestato a marzo 2013 e condannato a 11 anni di prigione, con diverse accuse tra le quali quella di aver «invitato al disordine» e «infranto la fedeltà al sovrano».
Nonostante l'abolizione della flagellazione, l'Arabia Saudita rimane tra i Paesi su cui le associazioni a tutela dei diritti umani continuano a puntare con più attenzione i riflettori soprattutto da quando il re Salman ha nominato il figlio, il potente Mbs, principe e discusso ereditario ed erede al trono. In particolare il Paese, dove il principe sta usando la facciata di modernizzare economica e della società saudita per accreditarsi a livello internazionale, è finito nella bufera dopo l'omicidio, nel consolato saudita a Istanbul, del giornalista e dissidente, Jamal Khashoggi, nell'ottobre 2018.