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Le storie. Solitudine, abbandoni e nuove povertà: un «lockdown doppio» per gli anziani

Francesca Ghirardelli sabato 20 marzo 2021

Lockdown sociale: un’anziana con un caffè d’asporto nel centro chiuso di Lisbona

Si è cucita la mascherina con l’aiuto di volontari la signora Klavdiya Kazakova, 79 anni, perché nella farmacia del villaggio all’inizio dell’emergenza sanitaria non c’erano mascherine da acquistare. «Quando è cominciata la pandemia sembrava non fosse cambiato nulla nella mia vita, ma ora vivo nella paura e nello stress costanti», racconta. Sfollata a Zolote, nella regione di Luhansk in Ucraina quando è iniziata la guerra nel 2014, Klavdiya Kazakova ora abita da sola, malgrado l’età e malgrado non riesca a muoversi bene. «I miei figli non venivano molto spesso a farmi visita nemmeno prima, ma ora che non ci sono collegamenti nei trasporti riesco a comunicare con loro solo al cellulare. I prezzi crescono, la mia pensione non è alta, 2647 Uah al mese (80 euro), così mi limito nelle spese perché non so cosa accadrà domani». La sua è una delle voci che, in questi mesi segnati dal Covid-19, sono state raccolte da “HelpAge International”, rete internazionale con sede a Londra che riunisce diverse organizzazioni di sostegno agli anziani ed opera contro la discriminazione in età avanzata.

L’11 marzo, a un anno da quando è stata dichiarata la pandemia, il direttore generale di “HelpAge” Justin Derbyshire è tornato a denunciare le difficoltà degli anziani in molti Paesi: «Qui nel Regno Unito il governo ha dato la giusta priorità alle persone vulnerabili, tra cui agli anziani. Non voglio che questo accada solo entro i confini del mio Paese. Non è troppo tardi per affrontare le disuguaglianze messe in evidenza dal Covid-19. Presto io sarò in fila per il vaccino ma sarò consapevole che la mia vaccinazione avviene a scapito di milioni di persone che corrono un rischio più alto del mio».
Durante la pandemia “HelpAge International” si è occupata di supporto di vario tipo, consegna di cibo, kit di igiene, aiuto psicosociale. Le necessità a cui rispondere sono enormi e non solo in Ucraina. Con il Covid-19 la vita dei più anziani si è fatta complicata ovunque, alle più diverse latitudini. «Prima ebola, poi la montagna di fango (la terribile frana del 2017, ndr) e adesso il corona. Quando finirà?» si sfoga James Philip Conteh, 71 anni, ex impiegato statale di Freetown in Sierra Leone. Anche lui affida la sua testimonianza a “HelpAge”. «Mia moglie ha dovuto chiudere la sua attività a causa delle restrizioni per il virus. Utilizziamo i pochi risparmi per andare avanti, e se le cose non andranno meglio, non sappiamo come potremo sopravvivere. Mio figlio nel Regno Unito mi inviava i farmaci per il diabete, ma ora non ce la fa. Se mi ammalo di Covid, ho paura che il servizio sanitario non sarà in grado di farvi fronte».
U Mya Paul, 70 anni, sta affrontando una situazione simile nel Myanmar centrale. Da giovane è stato coltivatore di riso, ma ora non riesce più a lavorare e fa affidamento sui guadagni della figlia, venditrice ambulante nei villaggi vicini. «Per le misure anti-Covid lei è stata costretta a smettere e ora confeziona sigari, per 500 -1.000 kyat al giorno, nemmeno un dollaro. La maggior parte degli abitanti del villaggio, noi compresi, ha già venduto l’oro di famiglia». Agli anziani sorpresi dalla pandemia in un campo rifugiati va anche peggio: «Sono una donna anziana, ma devo continuare a lavorare in agricoltura per guadagnarmi da vivere» racconta la signora Shamta, 70 anni, che vive in una tenda nel campo di Shuhadaa, sul confine turco siriano. «Mia figlia dice che possiamo prevenire questo virus, segue i consigli medici su YouTube. Quando torno dal lavoro, mi lavo mani e piedi con acqua e sapone per non portare malattie dentro la tenda».
Ha 70 anni anche Zinaida Lebedeva, pensionata di Bishkek, capitale del Kirghizistan. Offre servizio come volontaria in un gruppo di auto-aiuto per anziani soli, in un progetto di “HelpAge”. Riferisce che la maggioranza delle persone anziane in Kirghizistan ha pensioni basse e si preoccupa delle spese per il cibo. C’è chi è in preda al panico. «Cerco di calmarli, di rassicurarli», spiega. Ora che non può far visita nelle case, offre supporto telefonico. Per incoraggiare chi è agitato dice di avere pazienza, che tutto si sistemerà: «Abbiamo affrontato così tante prove nella vita, sopravvivremo anche a questa».