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Etiopia. Alla fine l’Onu indagherà sul Tigrai. «Rischio di violenze generalizzate»

Paolo Lambruschi sabato 18 dicembre 2021

Il conflitto invisibile si fa sempre più cruento: 500mila sono le persone a rischio fame in Tigrai a causa della guerra in atto dal 4 novembre 2020. Mentre 10mila sono le persone che sono dovute fuggire tra il 25 novembre e il primo dicembre per le violenze

Sarà una commissione internazionale di esperti a indagare e raccogliere prove sui crimini commessi durante il conflitto in Etiopia settentrionale scoppiato il 4 novembre 2020 e divenuto sempre più cruento. Lo ha deciso venerdì 17 dicembre il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite durante una sessione speciale adottando una risoluzione proposta dall’Unione Europea con 21 voti favorevoli sui 47 Stati attualmente presenti in Consiglio.

Una divisione pesante. Tra i 15 voti contrari, vi sono quelli di Cina, Russia e India. E nessun Paese africano ha votato a favore, molti si sono astenuti o hanno votato contro l’indagine che dietro l’etichetta «violazioni di diritti umani» cercherà di far luce su violenze e massacri di migliaia di civili, stupri di massa e bombardamenti e saccheggi di proprietà private, scuole e ospedali, detenzioni arbitrarie e rastrellamenti su base etnica. Per i Paesi africani, per Mosca e Pechino e New Delhi resta un affare interno dell’Etiopia, un problema dell’occidente.

«Una mentalità neocolonialista» ha dirottato il Consiglio «usato come strumento di pressione politica», ha dichiarato prima della sessione l’ambasciatore etiope Zenebe Kebede. Ai primi di novembre uscì un primo “report” della Agenzia Onu per i diritti umani e della omonima Commissione etiope, criticato perché largamente incompleto, che attribuiva colpe a tutti i belligeranti.
Sotto accusa da una parte l’esercito federale etiope e le milizie regionali Amhara sue alleate oltre alle truppe eritree che, nonostante le smentite, agiscono insieme al premier Abiy Ahmed da oltre 13 mesi e sono accusate di aver commesso gravi violenze già un anno fa con massacri di civili come quello di Axum e Maryam Engelat e stupri di massa. Sull’altro fronte, le forze di difesa del Tigrai, agli ordini del partito guida tigrino Tplf, accusate di violenze sui civili e stupri commessi a partire dalla scorsa estate quando è stato lanciata da Macallè la controffensiva nei vicini stati Amhara e Afar.

Il motivo che ha spinto il Consiglio a decidere di istituire la commissione internazionale è che ritiene l’Etiopia a rischio di sprofondare nella «violenza generalizzata».
«Il pericolo di un aumento dei livelli di odio, violenza e discriminazione è molto alto – ha dichiarato nel suo intervento il vice Alto commissario per i diritti umani dell’Onu Nada al-Nashif – e questo potrebbe avere gravi conseguenze in tutta la regione». Nei giorni scorsi Amnesty International e Human Rights Watch in un report congiunto hanno accusato le forze di sicurezza Amhara di arresti di massa, uccisioni ed espulsioni forzate di tigrini nel Tigrai occidentale. Secondo le nuove prove raccolte dalle due organizzazioni per i diritti umani, diversi civili tigrini in fuga dalla violenza sono stati attaccati e uccisi e numerosi altri sono detenuti in condizioni equivalenti alla tortura, ridotti alla fame e privati di cure mediche. I testimoni hanno riferito alle due organizzazioni di alunni tigrini portati via dalle scuole.

Il 2 dicembre l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha dichiarato che il numero dei tigrini sfollati era arrivato a un milione e 200mila. Un rapporto delle Nazioni Unite diffuso il 9 dicembre ha riferito che tra il 25 novembre e il primo dicembre vi sono stati più di 10mila nuovi sfollati e che il Tigrai occidentale resta inaccessibile alle agenzie umanitarie.