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LA CHIESA CHE SOFFRE. Appello della Chiesa pakistana per la liberazione di Asia Bibi

martedì 8 marzo 2011
In occasione della Giornata internazionale della donna, la Chiesa pakistana e i cristiani indiani hanno lanciato un appello per la liberazione di Asia Bibi, la 45/enne cristiana, madre di cinque figli, condannata a morte per blasfemia, e per la cancellazione di norme discriminanti. Lo riferisce l'agenzia Asianews, secondo cui Asia Bibi, in carcere in attesa dell'appello, è il simbolo di una generazione di donne pakistane vittime di abusi, violenze e discriminazioni.   Interpellato da AsiaNews, Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana, definisce "molto triste" la condizione di Asia Bibi. La donna, spiega l'attivista, "non rappresenta solo un caso personale di discriminazione, ma si è trasformata in un simbolo" per quante "non solo dietro le sbarre, ma anche in condizioni di apparente libertà" sono vittime di "violazioni ai diritti umani". In occasione dell'8 marzo, si augura che "le persone tutte ricordino queste donne", che subiscono nel silenzio "disparità a causa del sesso o della fede professata". Jacob aggiunge che l'8 marzo è una data da "ricordare per tutti questi fatti tristi, sintomo di una realtà complessiva amara che caratterizza il Pakistan". Il segretario esecutivo di Ncjp spiega che in attesa del processo di appello "è molto importante che la comunità internazionale non dimentichi Asia Bibi", continuando a "promuovere rapporti con la società civile pakistana". Bisogna lavorare fianco a fianco, conclude, per "portare cambiamenti positivi nel Paese".Per l'8 marzo anche i cristiani indiani si sono uniti all'appello per la liberazione di Asia Bibi e l'abrogazione della legge sulla blasfemia. Il Global Council of Indian Christians (Gcic) auspica una "risoluzione internazionale" contro la "legge nera", che il Pakistan "rifiuta di cancellare".