Giovani

Giovani e tv. Zerocalcare visto da don Pagano e dai "Cattonerd"

Luca Mele martedì 7 dicembre 2021

MIchele Rech, in arte Zerocalcare

Nella serie Tv di Netflix Strappare lungo i bordi del fumettista cult Zerocalcare, di calcare ce n’è, e pure tanto. Lo spiegava il critico televisivo di Avvenire Andrea Fagioli in un articolo del 28 novembre: uno spaccato «tra disagi, manie, insofferenze e persino situazioni dolorose e tragiche […], con espressioni colorite, parolacce e qualche imprecazione davvero al limite».

Ciononostante, un intervento esterno di "pulizia" può mostrare che qualcosa luccica.

Lo dimostra don Gianmario Pagano, sacerdote, sceneggiatore e insegnante di religione, il quale ha proposto un’interessante lettura della serie (6 episodi da 20 minuti circa ciascuno). Nei suoi canali social, con il nickname (pseudonimo) di Bella, prof!, in dialogo con i giovani di Cattonerd, don Gianmario Pagano l’1 dicembre ha dedicato una diretta streaming sul fenomeno del momento, «convinto che, in qualche modo, la “teologia” salva fuori anche quando non te l’aspetti». La teologia di Zerocalcare è infatti il titolo del video, con l’obiettivo di trovare stimoli di riflessione, «al di là delle reali intenzioni dell’autore», precisa da subito Dario Latini di Cattonerd.

Cattonerd è un gruppo di ragazzi e ragazze che - così si definiscono nel loro sito - «ancora devono capire se sono tanto cattolici da vedere tracce di Dio ovunque, o tanto nerd da voler vedere nella nerdosità una possibile via per raggiungere Dio! XD».




Dal successo della produzione, anche fuori Italia (nonostante le critiche al romanesco considerato dalla critica limitante per il pubblico), si evince come disegni e testi aprano un contatto con l’umanità e il mondo giovanile. Come già scritto su Avvenire sei anni fa, prima che i disegni diventassero animati, Zerocalcare «è bravissimo nel narrare i giovani della sua generazione». Più o meno, lettori o spettatori, possono ritrovarsi in nome dei temi più importanti della vita, dell’identità, dalle domande esistenziali… Quello che era valido nel 2015 per i fumetti è ancora vero per la serie d'animazione?

Don Gianmario, intervistato da Avvenire.it, afferma che «davanti ad "operazioni culturali" come quella di Zerocalcare o altre forme a carattere pop ci si può porre in diversi modi, fondamentalmente in due tipi di atteggiamento: in chiaro antagonismo, denunciando l'assenza di Dio, di valori, di risposte al proprio credo; oppure con lo sforzo di vedere segni di verità in modo più costruttivo». La posizione del sacerdote è chiara: «Lavorando nel mondo della comunicazione, dopo anni di lavoro con i giovani nella scuola, la mia esperienza mi ha portato a ispirarmi ai pensatori cristiani in dialogo con i filosofi pagani. Una metodologia che ha i suoi limiti: se non perfetta e completa dal punto di vista dottrinale, sicuramente una strategia pastorale e catechetica che pian piano porta a risultati».

(Un'avvertenza: in queste righe è doveroso mettere in guardia il lettore desideroso di guardare la serie che alcuni riferimenti potrebbero «spoilerare» le scene dell’animazione e togliere la sorpresa).

Per rispondere, diamo la parola a don Gianmario e ai suoi interlocutori di Cattonerd. Nella discussione, una prima considerazione viene fatta su come emerga la consapevolezza della propria creaturalità: in una scena, una delle protagoniste, Sarah, suggerisce a Zerocalcare di non preoccuparsi troppo delle vicende del mondo perché siamo come un «filo d’erba» nel prato. Don Gianmario fa notare che questa considerazione compare già nel Salmo 89 («L'uomo è come l'erba che al mattino fiorisce e germoglia e alla sera è falciata e dissecca»).

La caducità umana, insomma, è lo spazio in cui porsi i grandi interrogativi esistenziali. Avere consapevolezza di tale finitudine può condurre da una parte a tentativi di fuga e alienazione, come ha evidenziato Monica Pennetta di Cattonerd, citando l’episodio del viaggio in treno «dove Zero si preoccupa più del freddo che della destinazione», oppure dall'altra parte alla «premura di Dio», difensore compassionevole dei suoi figli nella loro fragilità.

Nella serie però prevale l’idea di una rassegnazione al fato, di restare nei «bordi» (il titolo è "Strappare lungo i bordi") come vivendo dentro una prigione, resa più accettabile da qualche pennellata di ottimismo. Nella lezione di don Gianmario, si cita la scena finale dove Zero immagina che «forse anche gli stracci servono a qualcosa». Si sottolinea quanto la ricerca di senso accomuni tutti i giovani, di ieri e di oggi, anche se «sembra prevalere il tentativo di strozzarla, ridendoci sopra, sdrammatizzandoci, perché costretti a conviverci».

Quando Zero realizza che le attenzioni di Alice per lui erano segno di un possibile amore, le alternative sono due: o ci si sforza di leggere un progetto alto “disegnato” dall’eternità per ciascuno, o si fa finta di negare, con la superficialità di Secco e gli escamotage di Sarah, altri due protagonisti della serie. Quale strada percorrere? Don Gianmario si sofferma sulla figura dell’armadillo e al suo ruolo fondamentale nella narrazione: «Tutti i personaggi sono doppiati da Michele Rech, a eccezione dell’armadillo, che sembra rappresentare la coscienza».

Ricorda un po’ il Grillo parlante di Pinocchio così come la interpretò il cardinale Biffi nel suo saggio Contro Mastro Ciliegia, una lettura teologica di Pinocchio del 1977. Una voce esterna, un accenno alla coscienza quale luogo di Dio. «È proprio l’armadillo - è stato detto nel corso della lezione di don Gianmario - che nel viaggio in treno fa capire a Zero che le sue lamentele sono un alibi e servono solo a scappare dalla domanda più importante: dove stiamo andando?».

«Ci sono chiari riferimenti alla vocazione», hanno osservato i relatori, nella riflessione sulla realizzazione personale di ciascuno. I giovani di Cattonerd, a proposito, hanno spiegato come sia quasi automatico per un giovane di oggi rivedersi in questa impossibilità di raggiungere traguardi personali, «la difficoltà, ad esempio di trovare un lavoro» è vissuta come un limite, «dei bordi già disegnati» a cui arrendersi.

Allo stesso modo, il desiderio di essere qualcuno. Lo si intravede da tutti i momenti in cui Zero immagina e disegna posizioni sociali o lavorative alte e meritevoli di riconoscimento, sognando popolarità. Nella videolezione è una occasione per parlare di santità, intesa «non come la perfezione ostentata dagli influencer di oggi, ma come rimanere se stessi ed essere amati così come si è».

Infine, suggestivo il discorso intorno alla solidarietà, citato a proposito dell'assurda scena in cui Zero immagina San Pietro che gli chiede conto «della forma degli altri», che nel linguaggio del fumettista significa l'identità del prossimo.

Insomma, anche la serie più gettonata e "giovanile" del momento offre tante occasioni a chi sa «vedere tracce di Dio ovunque», come si propongono i giovani di Cattonerd e magistralmente testimonia don Gianmario Pagano con Bella, prof!.