Giovani

Lombardia. «La Chiesa ci faccia più spazio», i giovani chiedono responsabilità

Chiara Vitali martedì 9 agosto 2022

Attività dei giovani del "Regnum Christi"

È il 2016 e Chiara Zilioli, una ragazza che vive in provincia di Cremona, ha appena finito gli esami di maturità. Ha studiato ragioneria, ha tanti dubbi sul suo futuro professionale e durante le vacanze decide di partire con altri giovani per Cracovia, sede quell’estate della Giornata mondiale della Gioventù. È una scelta che cambia la sua vita: grazie anche all’aiuto del sacerdote che li accompagna, Chiara decide di abbandonare un percorso già segnato e di iscriversi all’università. La sua storia è simile a quella di altri giovani che hanno scoperto nuovi cammini da percorrere grazie a un’esperienza particolare di fede: tanti di loro oggi si riconoscono nella Chiesa e le dedicano quotidianamente tempo e risorse. Proprio da lì, i giovani possono anche indicarle un punto di vista nuovo, una necessità da accogliere o una direzione inedita da intraprendere.

Martina Maria Carravieri, ad esempio, ha 22 anni, è di Milano e fa parte del Regnum Christi, che le ha trasmesso la voglia di vivere una fede «attiva e in prima linea». Alla Chiesa chiede di mettere al centro i giovani: «Credo molto in una nostra responsabilizzazione, affidarci alcuni incarichi è un modo per coinvolgerci e farci sentire partecipi, può essere più faticoso ma porta frutto». La vicinanza dei giovani, continua Martina, «è un’opportunità che la Chiesa non deve perdere: noi siamo inseriti nella vita di oggi e abbiamo uno sguardo più esperienziale e concreto. Accogliere le novità dei ragazzi non significa snaturare il messaggio cristiano ma attuarlo con mezzi differenti dal passato. La domanda è: come possiamo trasmettere al meglio la fede, oggi?».

Proprio il modo di raccontare i contenuti della Chiesa interroga anche Francesco Righi, 26 anni, di Mantova: «Nella nostra società la comunicazione è sempre più scarna e scheletrica – sottolinea –, descrivere la complessità diventa difficile. La Chiesa deve riuscire a spiegare che alcune sue scelte derivano proprio da una complessità che non può essere riassunta in uno slogan ». Francesco lavora in una società di consulenza, è attivo nell’Azione Cattolica e nel movimento «Economy of Francesco». Quando gli si chiede che cambiamenti vorrebbe vedere nella Chiesa, fa una premessa: «A volte siamo troppo esigenti nei suoi confronti, dobbiamo sempre partire dal presupposto che la Chiesa è fatta di persone e quindi non possiamo chiederle la perfezione che noi stessi non riusciamo a realizzare». Detto questo, il suo desiderio è vivere una Chiesa che sappia «ascoltare i cambiamenti del nostro tempo, le nuove esigenze, e che abbia sempre uno stile sobrio».

Giovanni Cangiano, 21 anni, definisce la Chiesa come «un filo invisibile che si crea ogni giorno». Da alcuni mesi segue per la diocesi di Mantova un progetto di scambio culturale con l’Università Cattolica di Leopoli, in Ucraina. «In un mondo iper-specializzato come il nostro – dice – è fondamentale che la Chiesa proponga formazione umana e teologica per gli adolescenti, i giovani e gli adulti. La conoscenza è la prima arma per risolvere qualsiasi problema e incomprensione». Paola Ziliani, dottoressa di 25 anni, partecipa invece alle attività della Comunità di Sant’Egidio a Pavia: è volontaria per la «Scuola della Pace», progetto che ha un’attenzione particolare per i bambini delle periferie delle città, e da pochi giorni è partita per un missione in un ospedale psichiatrico a Elbasan, in Albania. Alla Chiesa chiede una maggiore attenzione per i giovani e per le loro difficoltà («vorrei che gli adulti provassero a vedere il mondo come lo vediamo noi, e ci aiutassero a leggerlo con la Parola di Dio») e più spinta verso le periferie esistenziali: «Come chiede Papa Francesco, vorrei una Chiesa senza muri di confine, in cui tutti possiamo realmente essere fratelli e sorelle».

Per Chiara Zilioli, che dopo quella Gmg del 2016 ha continuato a frequentare la sua parrocchia, è fondamentale che la Chiesa abbia sempre più «testimoni autentici del Vangelo, persone trasparenti e capaci di trasmettere ciò in cui credono». Nella sua parrocchia i ragazzi che partecipano alle attività sono diminuiti: «Siamo bombardati da una moltitudine di proposte, e tanti si allontano dall’oratorio – riflette –. Noi, però, possiamo continuare a essere una calamita, a chiamare ciascuno per nome e ad avere cura di chi abbiamo intorno».