Famiglia

Non solo smartphone. Patti digitali, il fronte s'allarga. Come funzionano

Stefania Garassini domenica 22 ottobre 2023

Regole condivise per le attività on line dei ragazzi. Gli esperti: aspetti che non vanno più ignorati. Coinvolgere anche le scuole C’è chi ha cominciato con quattro amici riuscendo poi a coinvolgerne settanta, chi dalla propria classe è arrivato a diffondere l’iniziativa in tutte le scuole della sua città, chi è partito raccogliendo interesse attraverso i social media per poi passare a incontri di persona. Sono alcune delle esperienze di genitori che hanno partecipato nei giorni scorsi all’Università Bicocca di Milano a “Ci vuole un villaggio”, primo Meeting nazionale dei Patti di Comunità per l’educazione digitale. In aula magna si sono ascoltate le storie di tanti genitori che si sono uniti per decidere insieme quali regole e strategie utilizzare nell’educazione digitale dei propri figli sottoscrivendo un vero e proprio patto. L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra il centro per il Benessere Digitale dell’Università Bicocca e le associazioni Mec (Media Educazione Comunità), Sloworking e Aiart (Associazione cittadini mediali).

La rete dei Patti digitali è ormai piuttosto diffusa, con oltre 70 gruppi attivi in tutta Italia e più di 4mila genitori che hanno aderito a un Patto, mentre continuano a giungere richieste di consulenza e assistenza nel percorso (illustrato in dettaglio nel box qui a destra). La giornata milanese ha riunito anche molti genitori e insegnanti non ancora coinvolti ma interessati a scoprire la formula dei Patti, che nasce «dall’incontro fra l’approccio della ricerca scientifica e quello più concreto delle pratiche che tutti i giorni le famiglie devono mettere in atto» come ha spiegato Marco Gui, direttore del centro Benessere Digitale e membro del board della Rete Patti digitali. «Se è vero che spesso le indicazioni degli esperti non sono univoche e le leggi sui limiti di età poco conosciute, - ha aggiunto - ci sono ormai sempre più conferme delle problematiche di un accesso precoce non guidato a Internet». In un simile scenario il ruolo dei genitori è cruciale: sono loro i primi componenti di quel “Villaggio” che, come ricorda il titolo dell’incontro ispirato a un celebre proverbio africano, è necessario per educare un bambino. E quando questo villaggio si attiva i risultati non tardano a vedersi. A Udine da una scuola il patto si è esteso a 32 istituti scolastici della città, proponendo, tra l’altro, alle famiglie un ciclo di incontri online su tematiche digitali, che hanno riscosso straordinario interesse.

A Bergamo si è lavorato sugli aspetti sociali, favorendo la diffusione del Patto anche presso comunità di immigrati, con la traduzione in lingue come il cinese, l’hindi e lo spagnolo, mentre in Piemonte si sta costruendo un’alleanza tra famiglie di Torino e Provincia, e a Ponte nelle Alpi, in Veneto, il gruppo di genitori iniziale ha trovato l’appoggio della scuola dell’amministrazione comunale. L’esperienza del Patto milanese (“Aspettando lo smartphone”) si è estesa ad altri centri entrando anche in un progetto più ampio promosso dal Comune di Milano. «I Patti sono una risposta a quell’isolamento familiare che oggi è sempre più diffuso e danno un aiuto ai genitori per compiere le scelte educative che realmente desiderano», ha spiegato Marco Grollo, dell’associazione Mec, membro del board della Rete Patti digitali. Non sono però soltanto i genitori i membri del “Villaggio” necessario per educare: vi appartengono anche la scuola, le società di tecnologia e di telecomunicazione e le istituzioni, tutti attori che dovrebbero agire insieme per rendere sicura e creativa l’esperienza dei minori online. Lo ha ricordato Guido Scorza, membro del Garante per la Privacy. « Il mercato potrebbe fare di più per impedire l’accesso ai minori a contenuti inadatti, e anche le istituzioni dovrebbero impegnarsi maggiormente, di concerto con i genitori, che purtroppo spesso non sono nemmeno consapevoli dei limiti già esistenti: 13 anni secondo quanto indicato dalle stesse piattaforme, un limite che in Italia è alzato a 14».

Quanto alla scuola, la richiesta sempre più pressante dei genitori è di instaurare un dialogo con le famiglie per il mantenimento di una gradualità nell’accesso a Internet, trovando insieme le soluzioni migliori. Non sempre, ad esempio, il registro elettronico è il mezzo più adeguato per la comunicazione scuola famiglia, e assegnare compiti che implichino l’uso libero della Rete può creare non pochi problemi a casa. Quello che auspicano i promotori dei Patti è un cambiamento culturale che renda normale accettare che ci siano alcune attività online naturalmente precluse ai bambini. Un passo significativo in questa direzione sarà l’entrata in vigore il 21 novembre di una direttiva di Agcom che obbliga tutti gli operatori di telecomunicazione a predisporre filtri sulle sim intestate ai minori, in modo da bloccare, fra l’altro, contenuti pornografici, legati all’uso di droghe e di armi. Lo ha illustrato a Milano Massimiliano Capitanio, membro di Agcom: «Ci troviamo in una fase di vera e propria emergenza, come dimostra anche il recente suicidio del giovane bolognese in diretta su TikTok – ha spiegato Capitanio - . Il nostro obiettivo è creare una cultura digitale che renda consapevoli delle opportunità e dei rischi».