EconomiaCivile

Lo studio. Sostenibilità, l'Italia in ritardo: sempre più povera e diseguale

Paolo M. Alfieri mercoledì 5 ottobre 2022

La presentazione a Roma del rapporto ASviS dal titolo "L'Italia e gli obiettivi di Sviluppo sostenibile"

C'ancora tempo, sì, ma sempre meno. Perché quegli Obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Onu non restino lettera morta, anche l’Italia deve fare la sua parte. Ma la sta facendo in ritardo, sballottata – come gran parte del pianeta, certamente – da una pandemia a una guerra in Ucraina, da disuguaglianze sociali sempre più imbarazzanti a un consumo del suolo e a una gestione delle risorse idriche a volte egoistici, a volte nevrastenici. Siamo migliorati, nell’ultimo biennio, quanto ad energia pulita e lavoro dignitoso; «galleggiamo» verso il raggiungimento di altri due obiettivi (lotta alla fame e al cambiamento climatico, sugli stessi livelli del 2019). Ma per tutti i restanti obiettivi dell’Agenda 2030 (tra gli altri, lotta alla povertà, istruzione di qualità, parità di genere, acqua pulita, riduzione delle disuguaglianze) il livello registrato nel 2021 è al di sotto di quello di due anni fa. Siamo lì, insomma. In mezzo alla carreggiata e con le quattro frecce. In attesa di quello che, si spera, possa essere un cambio di passo, pena l’indecisione permanente.

A mostrarcelo, in maniera netta, è lo scenario tracciato dal Rapporto annuale dell’ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, presentato ieri nella giornata inaugurale del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Un documento che non nasconde, e anzi sottolinea, la crisi sistemica del modello di sviluppo dominante, una crisi accelerata dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina, dai cambiamenti climatici. Una crisi che aumenta le disuguaglianze sociali e drammaticamente impatta sullo sviluppo sostenibile del pianeta. E che ci chiama in causa, ancora più di prima, perché senza un cambiamento non c’è un futuro possibile. «La pandemia da Covid-19 - si legge nel rapporto - sta continuando ad avere un impatto grave sui progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile in tutto il mondo. L’aggressione della Russia all’Ucraina ha causato nel mondo forti ricadute sociali ed economiche, aumentando la fragilità del sistema multilaterale globale. Questo impedisce di ridurre le disuguaglianze all’interno dei Paesi e tra di essi».

La pandemia ci ha frenato, insomma. E ora la guerra rischia di impantanarci. Per questo bisogna provare in tutti i modi a ripartire, innestando una marcia nuova e trovando un sentiero percorribile. «Dal 2019 al 2021 – sottolinea la presidente dell’ASviS Marcella Mallen – registriamo un aumento delle disuguaglianze di reddito, una crescente difficoltà del sistema sanitario di rispondere alle esigenze dei cittadini, specialmente dei più deboli, e un arretramento degli indicatori ambientali, in particolare quelli sul consumo di suolo e sulla gestione delle risorse idriche». È il tempo della svolta, di abitare il pianeta in maniera diversa. Le proposte, anche dall’ASviS, non mancano, riassunte in quel «Dieci idee per un’Italia sostenibile» da realizzare nella prossima legislatura e consegnato in campagna elettorale alle forze politiche. C’è, tra l’altro, da «assicurare la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile», «impegnarsi per la giusta transizione ecologica», «tutelare la salute con un approccio integrato», «rendere più sostenibili ed equi i territori».

Secondo Pieluigi Stefanini, presidente e portavoce di ASviS, «il rapporto conferma che stiamo superando la soglia tra un periodo storico in cui la crescita di produzioni e consumi, seppur con molte contraddizioni, generava un’analoga diffusione del benessere, dei diritti e della giustizia sociale a un nuovo periodo in cui la generazione della ricchezza economica porta benefici a una fascia di popolazione progressivamente più ristretta». È l’era delle disuguaglianze, insomma, quella che rischia di affermarsi. Apprezzamento, per il lavoro dell’ASviS e del Festival, è arrivato ieri da un messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha valutato positivamente gli obiettivi di «creare una diffusa cultura della sostenibilità, fondamento di un’economia equilibrata e inclusiva a beneficio della collettività». Ma bisogna fare in fretta, perché quel ritardo non si trasformi presto, e definitivamente, in un gap incolmabile.