EconomiaCivile

Pubblicità civile. Se il brand sposa la cultura

Paolo Iabichino martedì 13 giugno 2023

C’è un racconto pubblicitario che sceglie canali di comunicazione decisamente poco ortodossi per mettere in circolazione i valori di alcuni brand. Non ha a che fare con gli spot televisivi, non usa manifesti, le pagine delle riviste o dei quotidiani e neanche la radio. Snobba perfino i social network, l’advertising digitale, ma anche il porta a porta e il telemarketing. Non si tratta di sponsorizzazioni, anche se in certi casi potrebbe quasi avvicinarcisi. Le direzioni creative sono curatele artistiche, gli uffici marketing dialogano con studi di architettura e succede una cosa abbastanza inaudita: questo tipo di pubblicità non si preoccupa di vendere alcunché a chicchessia.

Recentemente ha fatto notizia uno straordinario percorso artistico sull’emergenza climatica: “Everybody talks about the weather”, in scena fino al 26 novembre a cura di Dieter Roelstraete che riesce a intrecciare arte e scienza, in una galleria di opere storiche e installazioni contemporanee che usano la cultura per sensibilizzare il pubblico sulla crisi del clima. Il tutto avviene a Venezia, che sul cambiamento climatico scommette la propria sopravvivenza, nella nuova sede di una Fondazione firmata da una delle più prestigiose maison di moda: Prada.

Peraltro, Fondazione Prada a Milano ospita uno dei musei di arte contemporanea più quotati della città, capace da solo di riqualificare una delle tante periferie della grande metropoli lombarda e che offre un palinsesto di mostre, eventi e incontri di grandissimo richiamo durante tutto l’anno, non solo durante la famigerata settimana della moda. E ancora, c’è un’altra Fondazione, questa alloggia dentro gli spazi di Triennale Milano, porta anche lei il nome di una casa di moda e occupa un intero padiglione del prestigioso edificio meneghino per comunicare i valori del proprio brand, scegliendo di affidarsi di volta in volta a esposizioni che dialogano con le altre curatele del Museo: Fondazione Cartier per l’arte contemporanea.

Ma c’è anche Cucinelli che in nome della cultura ha riportato alla luce un intero borgo in Umbria a cui ha dato il nome di Solomeo o l’Hangar Bicocca di Pirelli, che da anni ospita alcuni degli eventi di arte contemporanea più quotati sulla scena internazionale. Forse c’è ancora qualche improvvido che si ostina a pensare che con la cultura non si mangi, ma se gli uffici comunicazione cominciano a sceglierla come media d’elezione per trasmettere il proprio impegno e sensibilizzare alle estetiche dell’arte, allora possiamo parlare di una pubblicità civile nella misura in cui si sforza di silenziare gli strilli promozionali per immergere i propri messaggi nel silenzio di spazi museali che risuonano con le nuove sensibilità delle nuove generazioni di consumo.