EconomiaCivile

La sfida. Sandel: «Giustizia contributiva per sanare le fratture delle democrazie»

Silvia Guzzetti mercoledì 14 luglio 2021

Il filosofo Sandel

«Il mio libro ha un grande debito nei confronti della Dottrina sociale della Chiesa cattolica e dell’enciclica del Papa, Fratelli tutti, della quale ammiro la forza. Quello che mi ha colpito, quando l’ho letta, è stata la sua capacità di dimostrare che, se vogliamo costruire una vera comunità fondata sulla solidarietà, dobbiamo cambiare l’idea di persona radicata nel modello liberista del mercato che ha dominato negli ultimi anni». Il noto filosofo Michael Sandel, definito dal Financial Times «la rockstar dell’etica» per la capacità di attrarre migliaia di studenti ai suoi corsi di Harvard, racconta via Zoom, dal suo studio, la profonda ammirazione per Francesco. «Il mio ultimo libro ( La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti, pubblicato in Italia da Feltrinelli, ndr) – premette – è una critica della meritocrazia. Lo è per come opera nel mondo di oggi, perché ci divide tra vincitori e perdenti e presenta il successo come meritato da chi è ricco e famoso. L’idea che partiamo tutti nelle stesse condizioni e che chi arriva primo, nella corsa della vita, si è guadagnato quel traguardo – continua Sandel – è davvero molto attraente. Questa convinzione ha, tuttavia, un lato oscuro: corrode il bene comune, concetto che si trova nel cuore della dottrina della Chiesa. Il mio libro è proprio un tentativo di recuperare questo valore così che ritorni al centro della vita politica». Sandel racconta le tante analogie che vi sono tra il suo libro e l’ultima enciclica di Francesco. «La preoccupazione che solidarietà e senso di comunità siano ancora valori e la critica degli eccessi dell’individualismo tipico di una società guidata dalla logica del mercato», spiega: «Come il Papa, sono critico della tendenza a mettere un prezzo su tutto e considerare gli esseri umani prima di tutto come consumatori, ma nel mio libro individuo un’altra forma, anche più pericolosa rispetto a quella promossa dal mercato, di individualismo. È la tendenza a presentare la persone come completamente autonome, autosufficienti, staccate da qualsiasi rapporto di dipendenza dagli altri, e i risultati che ottengono nella vita come opera soltanto loro. Senza che i legami famigliari, quelli con gli insegnanti o con la comunità abbiano un ruolo. Senza considerazione per il contributo che la fortuna ha portato alla loro vita. Anche per la mia critica di questo concetto di persona ho attinto alla Fratelli tutti: come Francesco sono convinto che gli esseri umani debbano essere radicati dentro una comunità e che siano questi rapporti famigliari e sociali a garantire la loro realizzazione come persone. Rifiuto l’arroganza meritocratica che ci dice che ci meritiamo tutto quello che abbiamo ottenuto da soli». Il grande filosofo passa poi al tema della dignità del lavoro nel cuore del suo pensiero e dell’enciclica e ricorda che gli esclusi della nostra società «provano rabbia e risentimento perché non vedono riconosciuto il valore del proprio lavoro e si sentono disprezzati in una logica di globalizzazione che vede la soluzione al problema della disuguaglianza in una mobilità sociale costruita sull’accesso all’istruzione universitaria: puoi farcela se vuoi a studiare ed avere successo ed è colpa tua se non riesci. Questo e’ l’approccio che critico nel mio libro», insiste. E aggiunge: «Propongo come alternativa, in linea con Francesco, una società nella quale qualsiasi lavoro sia anzitutto fonte di dignità per la persona e venga considerato un contributo importante al bene comune senza che si guardi se quella persona ha studiato o si è laureata. È molto più importante che abbia cresciuto una famiglia o contribuito alla comunità nella quale vive». In fondo, «il bisogno umano fondamentale di ciascuno di noi è il bisogno di essere utili agli altri e di ottenere riconoscimento per questo. È quello che chiamo giustizia contributiva». Quello che ha colpito profondamente Sandel della Fratelli tutti è, insomma, la capacità di dimostrare che il problema di costruire una comunità e una vera democrazia non è soltanto un problema politico, ma anche una sfida antropologica e spirituale: «Per coltivare fraternità e solidarietà – conclude il filosofo politico – occorre la nuova idea di persona profondamente radicata nella comunità che papa Francesco propone. Solo così possiamo riparare la profonda polarizzazione della nostra società in esclusi e vincenti, e rinnovare sentimenti di solidarietà e appartenza indispensabili a una sana democrazia». In tal senso «il Santo Padre è un riferimento morale e culturale non soltanto per la Chiesa cattolica, ma per un pubblico più ampio, perché ha scritto e parlato in un modo che attira persone di fedi diverse e anche di nessuna fede a ragionare insieme di problemi morali e spirituali che sono alla radice della nostra vita comune». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il mio libro sulla critica della meritocrazia deve molto all’enciclica ' Fratelli tutti': come Francesco sono convinto che gli esseri umani debbano essere radicati dentro una comunità e che siano i rapporti famigliari e sociali a garantire la realizzazione Il filosofo Michael Sandel