EconomiaCivile

L'intervento. Neo-personalismo comunitario, è il tempo giusto

Giovanni Quaglia* mercoledì 30 giugno 2021

In quel capolavoro di sorprendente modernità rappresentato dalle Confessioni, Sant’Agostino sottolineava l’importanza di «saper trarre il bene dal male ». Se c’è dunque un insegnamento su scala globale che può derivare dal dramma della pandemia, esso consiste in una più matura visione di futuro fondata su una società non dell’'io', ma del 'noi' e del 'noi insieme', presupposto per un’autentica rinascita civile, culturale, spirituale ed economica.

Un deciso cambio di prospettiva che, ispirandosi alle tematiche personalistiche e comunitarie tipiche delle riflessioni del secondo Dopoguerra, analizzate da Campanini e recentemente riprese da altri pensatori, e ricollegandosi idealmente alle radici filosofiche di Maritain e Mounier ma, soprattutto, al progetto di 'umanesimo planetario' tracciato da papa Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio, si può sintetizzare oggi nella formula 'neo-personalismo comunitario'. Ciò significa che, per essere realmente sostenibile, inclusivo e orientato al bene comune, il nuovo mondo dovrà essere ri-costruito attorno a una diversa idea di società, in cui la persona è al centro, e la funzione di terzo pilastro tra Stato e mercato è propria della comunità, la communitas: il luogo delle relazioni che definiscono e alimentano le identità, dove si condividono bisogni, aspirazioni, valori, e si dispiega il munus, ossia il dono, ma anche il debito di ciascuno verso gli altri.

Un modello positivo che si regge in perfetto equilibrio tra la promozione della libertà, la dimensione della solidarietà e la categoria della responsabilità 'molecolare' intesa, secondo la definizione di Stefano Zamagni, sia come rispondere di qualcosa, sia come prendersi cura del prossimo, affinché il comportamento del singolo si traduca in un vantaggio per l’intera collettività. È proprio la cura del bene comune – che è indivisibile perché è di tutti e di ciascuno, e coinvolge anche le generazioni future, come ricorda Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, – a guidare l’attività degli enti filantropici come la Fondazione CRT: queste figure intermedie del 'noi sociale', impegnate da 30 anni a sostenere i territori di riferimento con risorse, competenze e reti, sono chiamate oggi a svolgere una funzione ancora più strategica in uno scenario di estrema fragilità e frammentarietà come quello attuale: possono guidare il cambiamento attorno ai valori dell’integrazione, della coesione, della sostenibilità, dell’innovazione.

Il punto da cui ripartire è un "Patto della Solidarietà" tra istituzioni pubbliche, business community e società civile organizzata: insieme è possibile co-progettare e co-programmare traiettorie di sviluppo e crescita che generano valore condiviso, legando il necessario incremento della competitività al doveroso miglioramento delle condizioni di benessere e dignità per ogni persona nella comunità, in uno spirito di rinnovata solidarietà e in un quadro di autentico pluralismo.

* Presidente Fondazione Crt