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Scenari globali. «Mangiamo più spesso insieme: ridurremo sprechi e povertà»

Eugenio Giannetta giovedì 2 febbraio 2023

L'economista Raj Patel

Qualche mese fa Raj Patel, attivista e studioso di politiche alimentari, è stato ospite della prima edizione di Pianeta Terra Festival a Lucca, manifestazione dedicata alla sostenibilità e all’ambiente, ideata da Laterza. L’economista ha tenuto una lectio, intitolata «Come potremo nutrire 10 miliardi di persone in modo sostenibile? », per riflettere sulle difficoltà alimentari in relazione alla crescita demografica, ed è a partire da queste riflessioni che l’abbiamo intervistato, cominciando proprio dalla domanda più difficile, quella che ha dato il titolo al suo intervento: « Naturalmente – spiega Patel – parte della risposta consiste nel riconoscere che i modi in cui attualmente non riusciamo a nutrire 8 miliardi di persone, sono disperatamente insostenibili. Distribuiamo il cibo in base alla capacità di pagare. E il motivo per cui stiamo assistendo a un ritorno della fame nel mondo è che così tante persone sono in condizioni di povertà e non sono in grado di pagare il cibo. Quindi dobbiamo riconoscere che avremo bisogno di nuovi tipi di sistemi agricoli e che non possiamo mangiare come facciamo attualmente, oltre a trasformare il modo in cui utilizziamo la terra e l’acqua. E certamente significa abbandonare l’uso insostenibile dei combustibili fossili, che sono alla base del cambiamento climatico, e dei fertilizzanti sintetici. E dovremo inoltre abbandonare i pesticidi».

«Sono molte le cose che dobbiamo cambiare – prosegue Patel – ma prima di tutto dobbiamo riconoscere i problemi che abbiamo. Occorre per esempio orientarsi maggiormente verso sistemi di produzione agroecologici che vadano a premiare la la fertilità del suolo, la gestione dell’acqua e l’alimentazione delle persone». Si tratta di una questione sociale, ma quale sarà l’impatto a livello economico? «Abbiamo bisogno – continua l’economista – di una trasformazione a livello economico. Come ho detto, il motivo per cui le persone soffrono la fame non è che oggi la quantità di cibo nel mondo sia insufficiente. Il motivo per cui le persone soffrono la fame è la povertà. Inoltre il sistema alimentare non è solo vulnerabile alla povertà, ma produce povertà». Patel fa notare che negli Stati Uniti sette dei dieci lavori peggio retribuiti sono nel sistema alimentare. «Se volessimo affrontare il problema – spiega l’esperto – dovremmo cambiare il modo in cui vengono retribuiti i lavoratori e questo significa anche ridistribuire e spendere più reddito per il cibo e meno per altre cose. E, naturalmente, significa anche chiedere a coloro che traggono profitto dallo sfruttamento di non farlo, e potrebbe voler dire che alcuni tipi di modelli di business diventino insostenibili». Chiediamo all’economista quale è il rapporto tra fame nel mondo e povertà e se è possibile immaginare un sistema economico e alimentare diverso da quello attuale e più equo. «Abbiamo un pianeta che sta sperimentando livelli crescenti di malattie legate all’alimentazione e livelli crescenti di fame – evidenzia –; il cibo a basso costo ha maggiori probabilità di far ammalare. E per poter avere una buona alimentazione, bisogna essere relativamente ricchi. Ci sono comunità di ogni livello che hanno provato e riescono a nutrire le comunità e i loro membri in modo sostenibile. Che si tratti della città brasiliana di Belo Horizonte, che per molto tempo ha riconosciuto e lottato per l’attuazione del diritto al cibo, o che si tratti di trovare il modo di assicurarsi che nessuno si debba rivolgere a un banco alimentare. Ci sono Paesi, Stati e città che si sono impegnati a realizzare un sistema economico alimentare più equo. L’unico limite è la nostra immaginazione».

Ma quali scenari è possibile immaginare per il futuro? Patel sottolinea il suo impegno personale per «lottare per un mondo in cui si passi a un’economia più sostenibile, in cui ci sia un consumo eccessivo meno privato e una distribuzione più pubblica delle risorse, in cui i nostri sistemi agricoli non siano dispendiosi in termini di acqua, e dove immaginiamo un sistema di distribuzione dell’energia e delle risorse diverso». Sul fronte dell’innovazione, aggiunge, «negli ultimi 20 anni i cambiamenti tecnologici più interessanti sono venuti dai movimenti contadini, che hanno riconosciuto che ciò che dobbiamo fare è estrarre l’acqua e coltivare il suolo e assicurarci che il cibo sia coltivato collettivamente e distribuito in modo da combattere la disuguaglianza». Ma come migliorare il nostro rapporto con il cibo? Secondo l’economista, «attraverso l’azione collettiva. I migliori pasti non sono mai consumati da soli, ma insieme, in ambienti collettivi. Quindi, se ci si chiede come si possa evitare lo spreco di cibo, uno dei modi per farlo è mangiare insieme, cucinare insieme e prendersi cura l’uno dell’altro, assicurandoci che il cibo venga consumato il più possibile e riducendo la quantità di cibo che acquistiamo, in primo luogo per sottrarlo alle discariche. Taiwan per esempio ha fatto un ottimo lavoro semplicemente aumentando il costo della spazzatura. Ma dietro a questo c’è una cultura alimentare potente, che valorizza e riconosce che il cibo può e deve essere una parte centrale di ciò che lega le comunità».