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MOBILITÀ . Lente e mal distribuite: così le colonnine frenano la scossa dell'automobile

Alberto Caprotti mercoledì 3 novembre 2021

La mobilità 100% elettrica in Italia resta un fenomeno appena sopra la nicchia (4,3% del circolante complessivo) ma cresce in maniera esponenziale la vendita di vetture nuove (7.134 nel mese di ottobre, per una quota del 7% sul totale), mentre è ancora problematica la diffusione degli impianti di ricarica, soprattutto quelli ad alta potenza che – al contrario degli altri – garantiscono tempi di rifornimento accettabili. Secondo le stime di Motus-E, la prima associazione in Italia costituita per 'fare sistema' e accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica, al 30 settembre di quest’anno risultavano installati 24.794 punti di ricarica in 12.623 stazioni (o colonnine) e 10.019 punti accessibili al pubblico, l’80% delle quali è collocato su suolo pubblico, mentre il restante 20% è collocato su suolo privato a uso pubblico (supermercati o centri commerciali). È un dato che ci posiziona al settimo posto in Europa (fonte Acea), con la media di cinque colonnine ogni 100 chilometri. Non pochissime in assoluto quindi, ma in numero esiguo se confrontate con il primo posto dell’Olanda che ha 47 colonnine ogni 100 chilometri, malgrado una popolazione, un’estensione territoriale e una popolazione molto minori della nostra.

La crescita rispetto a un anno fa è comunque notevole (+133%), anche se va sottolineato che circa il 12% delle infrastrutture installate risulta attualmente non utilizzabile dagli utenti finali, in quanto non è stato ancora possibile finalizzare il collegamento alla rete elettrica da parte del distributore di energia, o per altre motivazioni autorizzative. L’altra criticità penalizzante (e decisiva) è rappresentata dalla capacità di potenza delle colonnine: il 95% dei punti di ricarica presenti in Italia infatti è in corrente alternata (AC), mentre solo il 5% in corrente continua (DC). Inoltre, il 19% dei punti sono a ricarica lenta (con potenza pari o inferiore a 7 kW), il 76% a ricarica accelerata o veloce in AC (tra più di 7 kW e 43 kW) e solo un 3% fast DC (fino a 50 kW), e le restanti ad alta potenza di cui l’1% fino a 150kW e l’1% oltre i 150kW. Quello della ricarica rapida è il vero nodo da sciogliere per agevolare lo sviluppo della mobilità elettrica: gli altri due sono il sovraprezzo delle vetture a batteria e la presenza di colonnine sui tratti autostradali. E qui lo scenario che si prospetta è incoraggiante solo sulla carta. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) infatti, per poter offrire un’adeguata rete di rifornimento ai 6 milioni di veicoli alla spina che secondo le ottimistiche previsioni del Ministero dovranno circolare in Italia entro il 2030 (4 milioni di elettrici e 2 milioni di ibridi plug-in) prevede, tra l’altro, la realizzazione di 7.500 punti di ricarica rapida in autostrada e 13.755 punti di ricarica rapida nei centri urbani. Ciò però significherebbe installare in media 2.361 nuove colonnine 'fast charger' all’anno, cioè 196 al mese: cifre obiettivamente lontane dalla realtà attuale. Anche limitandosi ai punti di ricarica 'normali' comunque, Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, sottolinea che se «lo scenario previsto per il 2030 è di 4 milioni di veicoli 100% elettrici in Italia, sulla base del fabbisogno energetico di questi veicoli abbiamo stimato la necessità di 2,9 milioni di punti di ricarica domestici». Un ulteriore problema riguarda la difforme distribuzione geografica: infatti – sempre secondo il più recente rapporto di Motus-E – il 57% circa dei punti di ricarica sono concentrati nel Nord Italia, il 23% nel Centro mentre solo il 20% nel Sud e nelle Isole. La Lombardia con 4.380 punti è la regione più 'virtuosa', e da sola possiede il 18% di tutti i punti. Seguono nell’ordine Piemonte e Lazio (10%), Emilia-Romagna e Veneto (9%) e Toscana (8%). Ma la maggiore criticità relativo a questo tema è relativo alla diffusione delle colonnine sui tratti a lunga percorrenza, discriminante che colpisce in maniera decisiva soprattutto chi viaggia per lavoro. L’ultima legge di Bilancio prevede che i concessionari autostradali installino obbligatoriamente colonnine di ricarica 'ultrafast' lungo le tratte di competenza, e almeno una ogni 50 chilometri, ma il piano di copertura è bloccato. L’Art (Autorità di Regolamentazione dei Trasporti) con una delibera ha così deciso di stabilire per fine febbraio 2022 la data ultima entro la quale pubblicare i requisiti per i bandi. Tempi che risultano inadeguati e incompatibili con quelli previsti dagli obblighi comunitari e nazionali. Al momento sono appena 2 gli impianti a ricarica veloce esistenti, e solo 9 le tratte autostradali dove sono presenti stazioni di ricarica, per un totale di 22 stazioni su 7.000 chilometri di rete complessiva. Solo 3 in tutto sono quelle sulla A1 tra Milano e Napoli, numero ben lontano dall’effettiva necessità.

L’importanza della crescita della diffusione degli impianti di ricarica è tra le prime problematicità indicate anche da chi gestisce le flotte di auto aziendali, che diventeranno fatalmente sempre più elettriche, ma senza idee chiare ancora sul come e sul quando. Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Gr Advisory, leader nelle ricerche di mercato in ambito mobilità aziendale, che ha interessato quasi 500 aziende in Italia, la maggioranza dei fleet manager del paese (62,6%) è già convinta che sia davvero arrivato il momento di passare alle flotte green, ma solo il 25% ha elaborato, in maniera completa o parziale, un piano di conversione ai veicoli elettrici e ibridi.