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Auto. La seconda vita delle batterie, un affare non solo ecologico

Alberto Caprotti mercoledì 30 giugno 2021

Il progetto di "smart camping" di Nissan e Opus, dove le batterie usate delle auto Nissan vengono usate come fonte di elttricità "remota" per avventure outdoor

Migliaia di celle cilindriche che trasformano il litio e gli elettroni in energia sufficiente per spingere l’automobile per centinaia di chilometri senza emissioni allo scarico. Elettrico è bello, ma quando finisce può diventare molto brutto. Soprattutto se non si progetta come e dove gestirlo. La ragione è intuitiva: una batteria abbandonata in una discarica annulla i benefici ecologici che ha generato quando funzionava, e anzi crea danni molto più gravi. Ma anche riciclarla può essere un’attività rischiosa.

Il nodo della possibile “seconda vita” di questi elementi sta iniziando a venire al pettine ora, nel momento in cui cioè la mobilità elettrica sta esaurendo la sua prima fase quasi pionieristica per entrare in un’era di forte produzione di serie. Quasi tutte le case automobilistiche hanno dichiarato di voler eliminare gradualmente i motori a combustione entro pochi anni e gli analisti del settore prevedono che almeno 145 milioni di veicoli elettrici saranno in circolazione entro il 2030, rispetto agli appena 11 milioni dell’anno scorso.

Le nuove direttive sui rifiuti rendono quindi il riciclo una priorità in tema di sostenibilità, ma oltre alla questione ambientale c’è una forte componente economica alla base di questo tema perché le batterie contengono costosi materiali rari ( litio, nichel e cobalto) il recupero dei quali può valere un tesoro. Il primo problema però è che le attuali batterie per veicoli elettrici «in realtà non sono davvero progettate per essere riciclate» , come spiega alla rivista Science Dana Thompson, ricercatrice presso la Faraday Institution, un centro di ricerca nel Regno Unito.

Semplificando, si può dire che le batterie EV assomigliano nella loro struttura a una bambola Matrioska. In genere, un pacchetto principale contiene diversi moduli, ciascuno dei quali è costituito da numerose celle più piccole. Ora, i riciclatori prendono di mira principalmente i metalli nel catodo, come il cobalto e il nichel, che raggiungono prezzi elevati. Ma a causa delle piccole quantità, i metalli sono come aghi in un pagliaio: difficili da trovare e recuperare. Un’altra sfida è aprire in modo efficiente le batterie dei veicoli elettrici. Per fare un esempio, lo smontaggio del modulo di una Nissan Leaf può richiedere 2 ore. E le cellule delle betteria montate su una Tesla sono uniche non solo per la loro forma cilindrica, ma anche per il cemento poliuretanico quasi indistruttibile che le tiene insieme.

«Le batterie – continua Thompson - differiscono ampiamente nella chimica e nella costruzione, il che rende complicato creare sistemi standardizzati di riciclaggio efficienti. Senza una padronanza qualificata dei trattamenti chimici necessari, è più vantaggioso per i produttori di batterie acquistare metalli appena estratti piuttosto che utilizzare materiali riciclati, contravvenendo al principio fondamentale dell’economia circolare».

Nonostante questo, è stato calcolato che delle 180mila tonnellate di batterie agli ioni di litio esauste presenti a livello globale nel 2019, più della metà sono state riciclate. E sono già un centinaio al mondo le aziende esterne dedicate a questa attività, oltre a decine di startup che hanno pronte soluzioni diverse, partendo dal presupposto che entro dieci anni l’attività di riciclo possa portare il prezzo delle materie per gli accumulatori agli ioni di litio a circa la metà di quello che si spende per le attività di estrazione.

Oggi la Cina da sola ricicla più batterie al litio rispetto a tutto il resto del mondo messo insieme, utilizzando principalmente metodi pirometallurgici e idrometallurgici. Ma la tendenza dei costruttori automobilistici è quella di gestire in proprio lo smaltimento. Volkswagen in particolare ha costruito un apposito impianto pilota a Salzgitter (Germania) in grado già di riciclare fino a 3.600 batterie l’anno che non possono essere utilizzate in altri modi. Se sono ancora in buone condizioni, vengono impiegate come accumulatori di energia mobili. Diversamente i singoli componenti vengono ridotti in granuli e poi essiccati: oltre all’alluminio, al rame e alla plastica, il processo produce preziose polveri che contengono materie prime per produrre altre batterie.