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La cura delle radici/6. Dal prigioniero al cervo: dilemmi per i beni comuni

Vittorio Pelligra mercoledì 8 settembre 2021

Nel suo Trattato sulla Natura Umana, il filosofo scozzese David Hume, ad un certo punto, racconta la storia di due agricoltori: «Il tuo grano è maturo, oggi, il mio lo sarà domani. Sarebbe utile per entrambi se oggi io lavorassi per te e tu domani dessi una mano a me. Ma io non provo nessun particolare sentimento di benevolenza nei tuoi confronti e so che neppure tu lo provi per me. Perciò io oggi non lavorerò per te perché non ho alcuna garanzia che domani tu mostrerai gratitudine nei miei confronti. Così ti lascio lavorare da solo oggi e tu ti comporterai allo stesso modo domani. Ma il maltempo sopravviene e così entrambi finiamo per perdere i nostri raccolti per mancanza di fiducia reciproca». Questa immagine dei due agricoltori, per quanto strano possa apparire, descrive in maniera succinta ma efficace la natura più profonda delle nostre interazioni sociali, della nostra vita associata, della logica delle nostre comunità. Esiste quasi invariabilmente, infatti, nel momento in cui s’incontra l’altro, una divergenza, se non proprio un conflitto, tra interessi individuali e interessi sociali. Viviamo situazioni nelle quali è impossibile separare la prospettiva del bene dal rischio dell’opportunismo e del tradimento. In tutte queste circostanze dilemmatiche il perseguimento dell’interesse personale porterà, come ci racconta Hume, a 'perdere il raccolto' o, come nel caso dei beni comuni, alla loro distruzione (la 'tragedia' resa popolare da Garrett Hardin). «Per mancanza di fiducia reciproca », scrive Hume.

Abbiamo visto che la riflessione sui beni comuni e quella sul ruolo che la fiducia interpersonale gioca nelle nostre relazioni economiche e sociale sono strettamente connesse, non solo perché la fiducia stessa ha le caratteristiche di un bene comune, ma perché essa è precondizione per la gestione efficiente delle risorse comuni. Per capire meglio questo punto può essere utile descrivere la logica della 'tragedia dei beni comuni' non tanto attraverso la metafora del 'dilemma del prigioniero', ma quella della 'caccia al cervo'. Il dilemma del prigioniero – ne abbiamo già scritto su queste colonne – è una situazione nella quale due soggetti interagiscono tra di loro con la possibilità di cooperare, per esempio, al mantenimento di un bene comune, oppure di defezionare, cioè, tradire in qualche modo l’accordo e comportarsi in modo opportunistico. L’opportunismo è conveniente, quando l’altro sceglie di cooperare. È come quando non si paga il biglietto del bus perché tanto il servizio verrà comunque garantito grazie ai biglietti pagati dagli altri. Ma se tutti scelgono di ragionare allo stesso modo, naturalmente, il servizio non verrà più garantito. La logica del dilemma del prigioniero ci dice che, nonostante il risultato della cooperazione diffusa sia migliore di quello della defezione, soggetti razionali, alla lunga finiranno per defezionare.

Ecco che questa stessa logica spiega la 'tragedia' cui sono condannati i beni comuni, il loro sovrasfruttamento, fino, alla distruzione. Il punto chiave che evidenzia questa logica è che proprio quando mi aspetto che l’altro sceglierà di cooperare allora diventa conveniente defezionare. Il dilemma del prigioniero è una trappola micidiale, da questo punto di vista. Un buco nero sociale dal quale, una volta caduti dentro, è impossibile scappare. Non tutte le situazioni sociali sono così estreme, però. Molti studiosi, infatti, preferiscono descrivere anche il problema connesso alla gestione dei beni comuni, non tanto attraverso un dilemma del prigioniero, ma con una diversa metafora, quella della 'caccia al cervo'. La storia si fa risalire a Rousseau il quale, nel suo Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini, ci racconta di due cacciatori che si mettono d’accordo per cacciare un cervo. Se entrambi fanno la loro parte nel piano di caccia – uno si nasconde dietro la vegetazione e l’altro spinge il cervo in quella stessa direzione per essere catturato – entrambi riusciranno ad ottenere il risultato desiderato. Ma se ad un certo punto, quello che è nascosto vede passare di lì una lepre e sceglie di rincorrere la lepre invece che aspettare l’arrivo del cervo, allora, con certezza prenderà la lepre, ma il suo amico, a quel punto, rimarrà a bocca asciutta, senza né cervo, né lepre. Ma perché il primo dovrebbe preferire la lepre al cervo? Perché la lepre la può cacciare da sola e la sua cattura è certa, mentre per cacciare il cervo bisogna essere necessariamente in due e questo rende l’esito incerto.

«Se anche il mio compagno – può pensare il cacciatore acquattato dietro i cespugli – avesse visto la lepre e avesse smesso di cacciare il cervo? Rimarrei a bocca asciutta e allora tanto vale accontentarsi della lepre». A differenza del dilemma del prigioniero questa situazione presenta due 'equilibri'. Giocatori razionali possono allo stesso modo coordinarsi per cacciare il cervo ma anche accontentarsi entrambi della lepre. I due esiti naturalmente non sono equivalenti. Entrambi sarebbero più contenti del cervo, ma perché allora accontentarsi della lepre? «Per mancanza di fiducia reciproca» direbbe Hume e con lui anche Rousseau. Il messaggio della caccia al cervo è meno pessimistico di quello del dilemma del prigioniero e ci dice che se c’è fiducia tra i cacciatori che ognuno farà la sua parte allora ottenere l’esito migliore è possibile. È la diffidenza, quindi, a condannarci all’inefficienza. Per quanto riguarda il nostro discorso sui beni comuni questa è una buona notizia perché ci dice che la 'tragedia' di Hardin, non è poi così certa, a patto che ci sia fiducia tra le parti. Ne deriva che se vogliamo tutelare e valorizzare i beni comuni dovremmo agire per accrescere il livello di fiducia interpersonale tra i membri delle nostre comunità, la capacità di fare le cose insieme, il cosiddetto, capitale sociale. Si può e si deve investire in questo senso. Nei prossimi appuntamenti de 'La cura delle radici', inizieremo a vedere come. © RIPRODUZIONE RISERVATA